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martedì 24 novembre 2009

Fermarsi, senza perdersi

Singolare sortita del ministro Rotondi sulla pausa pranzo. Chi si ferma è perduto. Ma fermarsi (a volte) fa bene.
Rassegna stampa - Avvenire, Umberto Folena, 24 novembre 2009.

Chi si ferma è perduto.
Osservate i maratoneti: al posto di ristoro rallentano appena, si gettano il bicchier d’acqua in faccia e qualcosa gli arriva perfino in bocca, ma non mollano, loro: bravi. I ciclisti riescono a infilarsi una banana nell’esofago in una sola plastica mossa, oplà, e con tutto quel potassio pedalano fino all’arrivo belli pimpanti. Guardate il ministro Rotondi: lui il pasto lo salta proprio: «Non mi è mai piaciuta questa ritualità che blocca tutta l’Italia» ha dichiarato ieri mattina, salvo poi correggere il tiro: «Non ho detto di voler abolire la pausa pranzo. Ma ciascuno dev’essere libero di farla, o uscire un’ora prima. Io l’ho abolita da vent’anni perché è l’ora più produttiva. Si capisce che i lavoratori devono prendersi le loro pause e mangiare. Ma ognuno a modo suo».
Rotondi è ministro per l’attuazione del programma. Il programma del governo.
Quindi se la prende con la buvette: «Costa troppo e fa ingrassare».
Chi si ferma è perduto, ma chi non si ferma mai è perduto ancor di più. E niente è più sbagliato che applicare la stessa regola a casi diversi. Un muratore o un metalmeccanico, dopo quattro ore di lavoro ininterrotto, forse hanno bisogno di più di un quarto d’ora di pausa, e per loro saltare il pasto perché un ministro assicura che dall’una alle due si è più produttivi, beh, sa di beffa. A tutti, ieri, è venuta il mente la celebre scena di 'Tempi moderni' (1936), in cui su Chaplin, addetto alla catena di montaggio, viene sperimentata una innovativa Macchina da Nutrizione del tutto automatica, che consente al lavoratore di sfamarsi senza abbandonare la sua postazione. Un colletto bianco potrebbe optare per un’insalatina con carota, germi di soia e rucola, accompagnata da bresaola o ricottina scremata; provate a proporre lo stesso menù a chi lavora in fonderia.
Chi si ferma è perduto, ma fermarsi fa bene alla stessa produzione. I dipendenti hanno bisogno di staccare, ogni tanto; e di conoscersi, guardarsi in faccia, dialogare. Per poter diventare squadra. Il 'pranzo' serve a non arrivare a sera con una voragine nello stomaco, ma soprattutto a stare insieme, per tornare al lavoro ricaricati. La pausa serve, o servirebbe, a dimenticare per qualche minuto il lavoro, la produzione, i problemi da risolvere, per rituffarvisi con maggiore freschezza.
Rotondi forse ignora la ricerca condotta da un canale tv culinario in 97 uffici italiani nel primo semestre del 2009.
Ormai, il 59 per cento degli impiegati ricorre a quella che a Milano si chiama schiscetta, nome curioso, un tempo limitato al pranzo al sacco del muratore, oggi esteso a tutte le forme di spuntino fai-da-te. La schiscetta sarebbe il nome di un gioco molto comune tra i bambini, noto anche come 'ce l’hai' o 'darsela'.
Chi è toccato 'ce l’ha' e deve passarla a qualcun altro toccandolo a sua volta. Nei paesi anglosassoni si chiama packet lunch ma la schiscetta, al suo confronto, è roba da alta gastronomia. Insomma, chi se la porta da casa 'ce l’ha', gli altri vanno al baretto o al self service.
Dall’indagine risulta che le donne spesso si limitano a un frutto o a uno snack; mentre gli uomini virano verso insalatone con tonno e mozzarella, frittatine alle erbette profumate, spaghetti al pomodoro… Pare esista uno scaldavivande collegabile alla presa usb del pc, forse è a forma di mouse… Rotondi approverà, purché ci si sbrighi.
Se state leggendo questo articolo tra l’una e le due, sappiate che dovete scegliere: o il fondo o la fondina, nutrire il cervello o nutrire la pancia. Fate entrambe le cose nello stesso tempo?
Bravi. Fermarsi, senza perdersi… È come se, giocando a 'darsela', l’aveste passata al ministro.
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