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mercoledì 14 ottobre 2009

Un voto bipartisan blocca la legge anti-omofobia

I veri termini della questione.
Omofobia. Due rischi sventati e un problema.
Rassegna stampa - Avvenire, Domenico Delle Foglie, 14 ottobre 2009.

Ora qualcuno si avventurerà ad affermare che c’è libertà di aggressione nei confronti degli omosessuali. E qualcun altro, in un impeto di esecrazione, magari si spingerà a sostenere che lo 'scellerato' via libera (se non l’incita­mento) è venuto addirittura dalla Camera dei deputati, con un voto trasversale che starebbe lì a testimoniare la sostanziale cultura omofo­bica dei nostri rappresentanti. Si tratta di falsità, dalle quali qui – per quanto ci è possibile – vo­gliamo mettere in guardia. Proviamo a ricostruire i fatti nella loro nuda verità, e nella consapevolezza che non è as­solutamente in discussione la dignità degli o­mosessuali come persone, e in quanto tali por­tatrici degli stessi diritti garantiti dalla Costi­tuzione italiana a tutti i cittadini del nostro Paese.
Ieri è semplicemente accaduto che alla Came­ra, con un voto bipartisan, è stata ritenuta fon­data la pregiudiziale di costituzionalità solle­vata dall’Udc in relazione alla proposta di leg­ge che porta il nome dell’onorevole Paola Con­cia e che è più nota come legge anti-omofobia. È indiscutibile che la materia sia in queste ore incandescente, a causa di ripetute aggressioni contro coppie di omosessuali, verificatesi so­prattutto a Roma. Aggressioni violente e del tut­to immotivate che hanno suscitato unanime condanna nel mondo politico, oltre che la ri­provazione, senza se e senza ma, dell’opinione pubblica. E se non fosse abbastanza chiaro, an­che noi – ancora una volta – esprimiamo una ferma condanna per questa come per ogni al­tra forma di violenza, tanto più se gratuita, ir­razionale o mossa da motivazioni abiette.
Ma torniamo al cuore della questione: la legge Concia è stata 'stoppa­ta' perché il Parlamen­to ha ritenuto che con­tenesse in sé un rischio gravissimo, cioè quello di provocare una di­scriminazione nei confronti di chi omosessua­le non è, proprio in virtù dell’introduzione nel codice penale di un’aggravante specifica, tesa a creare una sorta di super-protezione ricono­sciuta solo e soltanto alle persone che si di­chiarano omosessuali. Il legislatore, insomma, in questa occasione ha saputo guardare lonta­no. E ha fatto anche di più: ha saputo ricono­scere quello che appare come il rischio più e­levato per una comunità civile: l’introduzione di un nuovo reato di opinione. Un reato nel qua­le sarebbe potuto cadere, ad esempio, chi a­vesse pubblicamente sostenuto la bellezza e la bontà sociale del matrimonio storicamente de­finito, ovvero fra un uomo e una donna. Con si­mili norme per i portatori di questa opinione si sarebbe aperta la porta all’imputazione per «discriminazione» nei confronti di quanti, ap­punto gli omosessuali, non possono accedere al matrimonio fra persone dello stesso sesso.
Qualcuno dirà che il legislatore ha visto male. A noi sembra che questa volta il Parlamento si sia accorto della vera posta in gioco: non in­trodurre una sanzione di legge che già c’è, ma aprire la via, al di là della stessa lettera della leg­ge, alla cosiddetta «cultura di genere» nel no­stro ordinamento. Una «cultura» che porta con sé una serie di richieste, a nostro parere, irrice­vibili: dal matrimonio omosessuale alla pro­creazione artificiale e all’adozione di bambini da parte di persone delle stesso sesso.
Forse non placherà la polemica neppure l’evi­denza del fatto che già oggi il nostro ordina­mento indica nei cosiddetti «motivi abietti» un’aggravante e che, infatti, la magistratura ha già rigorosamente sanzionato le aggressioni a persone bersagliate per il loro essere omoses­suali. Eppure, vogliamo sperare in un sopras­salto di saggezza anche in chi, ieri, si è spinto scompostamente a parlare di «vergogna». È op­portuno che tutti si facciano carico della pru­denza necessaria quando, nella creazione di 'nuovi diritti', si vanno a intaccare i pilastri del­la comune antropologia. E una dose di lucidità in più aiuterebbe tutti noi a collocare il tema della violenza, compresa quella contro gli o­mosessuali, là dov’è il suo posto elettivo: al cen­tro dell’azione educativa. Non sarà un’aggra­vante specifica, portatrice di ambigue e peri­colose interpretazioni e applicazioni, a strap­pare la violenza dal cuore dei violenti. E questo resta il problema.
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