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mercoledì 14 ottobre 2009

La bottiglia non spreca parole

Primo raggio.
Etilismo a 13 anni.
Rassegna stampa - Avvenire, Vincenzo Andraous, 14 ottobre 2009.

La ragazzina è distesa a terra, il vomito alle labbra, un’adolescente in rianimazione, tra la vita e la morte, la balbuzie esistenziale che non porta conforto né riparazione, solamente disperazione, coma etilico a tredici anni, rischio di morire per abuso di sostanze. Poco più di una bambina, strangolata dall’alcol, dai desideri adulti improvvisamente voraci e prepotenti.
Quando un ragazzo rotola giù dall’amore che non arriva al cuore, le parole si riducono a monosillabi oscuri e inquietanti.
Una bambina o poco di più cade nella spirale del rischio estremo, come se si trattasse di gesto normale, episodio di routine. A chi osserva non resta altro da fare che raccogliere i cocci e sperare di riuscire ancora a rimetterli insieme. Invece c’è qualcosa in più che deteriora gli anni belli della gioventù; c’è qualcosa in meno a cui aggrapparsi per non andare incontro a un coma etilico a dodici anni, c’è qualcosa che si sottrae confermando la sua presenza.
Rammento qualche anno addietro in una scuola del Trentino: anche lì, un ragazzo di quattordici anni, stramazzato al suolo alle nove del mattino, in coma etilico. Fui invitato in quanto tutor della Comunità Casa del Giovane di Pavia per fare prevenzione, informare, comunicare, e non dare scampo alle giustificazioni, smetterla con le convenienze ipocrite, quando la richiesta di aiuto rimane appesa a mezz’aria, quando con amarezza ti accorgi che l’intero uditorio, ammutolito e scosso, è privo di qualcosa, di qualcuno, c’è un’assenza che non coinvolge solamente a quel giovane scivolato tra la vita e la morte. Ma ieri, e ieri l’altro ancora, quando quell’adolescente crollava a terra, dove erano gli adulti deputati a conoscere, a leggere, a decodificare? Chissà se c’è davvero coscienza della distrazione che ha aiutato a far tracimare quel disagio fino a farlo diventare una tragedia. È doveroso raccontare ai ragazzi la condanna insita nella droga e nella bottiglia, che è là, a portata di mano, di bocca, di occhio sempre più spento, sempre pronta a colmare le lacune, le ansie, i tormenti degli interrogativi, le inquietudini delle risposte. La bottiglia se ne sta in silenzio, non spreca parole, convincimenti, rimproveri; è amica discreta, non ci mette il dito, né il becco, non azzarda consigli, lezioni di vita, non comanda stili né comportamenti, non fa commenti. Chissà se quella ragazzina ce la farà, ma il dolore che proviamo ci obbliga a intervenire, a non restare indifferenti, a chiederci con chi abbiamo a che fare, a pensare finalmente che solo l’amore arriva dove la volontà ci guida; solo l’amore può sbarrare la strada alla resa più devastante, solo l’amore può trasformare i luoghi più devastati in dignità ritrovate.
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