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lunedì 5 ottobre 2009

«Libertà è partecipazione»

Piazza del Popolo, trecentomila lettori contro il bavaglio.
Rassegna stampa - l'Unità, Mariagrazia Gerina, 3 ottobre 2009.

«Libertà è partecipazione», canta la piazza venuta a riprendersi i giornali, i tg, la stampa libera di criticare. E anche quella parola, scippata, con tutto il resto, dal premier. Libertà. Sono donne, uomini, ragazzi, bambini insieme alle loro madri a scandirla. Lettori stanchi, arrabbiati, lettori che vorrebbero risposte e non insulti dal premier. Telespettatori stufi di quello che passano i tg. Farabutti con il bavaglio sulla bocca. Che sciamano da via Cola di Rienzo da via del Corso, da via di Ripetta verso una piazza del Popolo, improvvisamente troppo piccola, ancor prima che cominci la manifestazione, per contenere tutti quelli che oggi hanno deciso di scendere in piazza per difendere la libertà di stampa. Sono partiti con i pullman da Milano, da Empoli, da Forlì da Napoli. «Siamo trecentomila», gridano dal palco.
«Eccoci». Aldo ha fotocopiato la storica prima pagina dell'Unità e la distribuisce agli amici venuti con lui da Napoli. «La compro da sempre, sono qui perché è incredibile che Berlusconi vi abbia querelato per aver scritto la verità». «Non ne possiamo più delle sue bugie, delle sue reti private, di quelle pubbliche a lui asservite, siamo stufi di essere presi per il c...».
Chi va in giro con il bavaglio. Chi con l'articolo 21 della Costituzione stampato sul petto. «Denuncia anche me», le magliette di Staino sono andate a ruba. In un'ora Cesare, Isabella, Dario, Riad e Mohammed, Cecila ed Emanuele, le finiscono tutte e cinquemila. Fuggono per la piazza indossate dai lettori. «Sono finite? Buon segno», si rassegna Teresa, pensionata, mentre in tanti si accalcano attorno al nostro stand. Ben visibile sotto la frase di Gramsci che volteggia nel cielo: «Odio gli indifferenti». Lettori anziani, lettori in erba. «Brava Concita, hai fatto bene», gridano quando arriva il direttore. «Il fatto è che il giornale che compro me lo scelgo, ma le tv me le impongono», si scalda Stefania, 56 anni, casalinga, marito partita Iva e figli (di 30 e 34 anni) ancora precari. In mano le magliette, sotto braccio l'Unità.
Elisa, Elena e Ambra indossano una maglietta autoprodotta. Con l'articolo 21 della Costituzione scritto a pennarello. «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Hanno sedici anni. E vengono da Pescia, in provincia di Pistoia. E' la loro prima manifestazione. «La libertà di stampa è tutto, senza informazione un paese è finito, ma in quale altro posto al mondo il presidente del consiglio non risponde alle domande legittime che gli fanno i giornalisti?».
Mariagrazia, pensionata, e le sue amiche Mariella e Patrizia, che quando dice il suo nome suscita l'ilarità delle altre, si sono cucite una chiusura lampo rossa sulla bocca, aperta a metà. Perché zitte non ci vogliono stare: «E adesso stampiamo un bel casino», hanno scritto su un paio di tazebao di fortuna. Non sono ragazzine, ma l'hanno presa con un certo spirito. Sono saltate sul pullman della Cgil e da Grosseto eccole qua. «Ero stufa di indignarmi davanti alla tv e sono venuta a indignarmi qui». «E' la vergogna di quello che siamo diventati, la vergogna di avere un presidente del consiglio così che ci ha portato in piazza», raccontano. «E poi non parliamo di quello che sta capitando alle donne...».
Lo striscione più bello lo portano Francesco e Silvia, 12 anni, insieme a Luca, 10 anni: «Papi posso leggere topolino?». L'hanno fatto con le loro mamme: «La libertà di espressione è l'abc della democrazia», spiegano, mentre cercano di infilarsi nella piazza che è già strapiena ancora prima che la manifestazione cominci.
Vincenzo, 60 anni, architetto, l'ha presa dal lato più cupo. Berlusconi l'ha vestito da Mussolini, sotto gli ha messo tutti e sei i tg nazionali: «Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco...». «Non è una esagerazione, la tv è manipolata, i direttori di tg raccontano ciò che gli viene detto di raccontare dall'alto ed è gravissimo perché l'informazione è l'unico vero contropotere che i cittadini hanno nelle loro mani».
Rabbia e ironia. Fischi, per il direttore del Giornale Vittorio Feltri, evocato dal palco. E applausi. Per Santoro. Per il nostro direttore, per Ezio Mauro. Applausi per il grande vecchio del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, che lascia la piazza, con un palloncino rosso e una rosa in mano tra la folla che lo applaude e lo ringrazia. E una domanda per i parlamentari dell'opposizione che non erano in aula quando si votava lo scudo fiscale. «Dove eravate?», recita un cartello.
L'appello di Siddi
«Con noi c'è la coscienza civile di questo paese, che non china la testa e non piega la schiena”, ringrazia Franco Siddi, il segretario della Federazione nazionale della stampa, che dal palco scandisce la regola-base a difesa della democrazia e della verità: “Se il re è nudo, è nudo, anche se è il premier... A meno che Berlusconi non pensi a un lodo Alfano per l'informazione che metta al riparo lui e i potenti dalle notizie vere”. Le querele a l'Unità e a Repubblica, gli attacchi continui alla stampa che lo critica, fanno capire che siamo già su quella cattiva strada: “Cessi le campagne di accuse ai giornalisti. Cessi di dare loro dei farabutti”, chiede Siddi al premier. “Ritiri le querele”, e “ritiri anche il lodo Alfano”.
Le voci dal palco
La “farsa”, l'ha chiamata Berlusconi. Non poteva però iniziare in modo più austero. Con un minuto di silenzio invocato dal palco sui morti di Messina. «È diabolico dire che una manifestazione per difendere la libertà di stampa è una farsa», attacca la lettera di don Sciortino, il direttore di Famiglia Cristiana letta da Andrea Vianello, presentatore della manifestazione e giornalista del tg3. Una delle tante voci che si sono alternate sul palco con una varietà incredibile.
La voce di Roberto Saviano che rivendica «la serenità di poter lavorare senza doversi aspettare ritorsioni»: «Ciò che sta accadendo dimostra che verità e potere non coincidono mai». E quella di don Sciortino, che scandisce: «La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica».
La voce di Simone Cristicchi che dopo aver candato chiede: «C'è una escort bionda da spostare, è targata Bari parcheggiata davanti Palazzo Grazioli». E quella di Valerio Onida che legge ciò che scrive la Corte europea: «L'informazione deve essere garantita anche quanco contiene una buona dose di esagerazione e persino di provocazione». E chiosa: «Il cittadino non informato o informato male è meno libero».
La voce del Gabibbo di Striscia la notizia - «Applaudite il cdr di Mediaset», chiede Vianello alla piazza. E quella di Sergio Lepri, storico direttore dell'Ansa, 90 anni appena compiuti che richiama all'impegno collettivo «per evitare che si soffochino le voci libere».

Foto tratte dalle gallerie pubblicate sul sito de l'Unità. Le prime due riguardano manifestazioni a Londra e Madrid, le altre Roma.










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