Rassegna stampa - Il Cittadino, Rossella Mungiello, 5 ottobre 2009.
La serietà di Eugenio de’ Giorgi dura quel tanto che basta per ringraziare chi ha reso possibile lo spettacolo. Le associazioni lodigiane, l’attore Giulio Cavalli che l’ha sostenuto, l’avvocato Alessandra Cocco che l’ha difeso in tribunale. Poi quasi si accascia al muro, le braccia spalancate come in una crocifissione, richiamo forse alle traversie giudiziarie affrontate per portare sulla scena lodigiana la storia del «più rampante dei banchieri italiani». L’aula magna del Verri, le 21 passate da pochi minuti, è già stracolma. E almeno una cinquantina di persone, hanno ripreso la via di casa. Inutile sperare in una prenotazione non ritirata. Quello di “Previsioni meteo: Diluvio universale. The rise and fall of Giampy”, sabato sera sul palco del Verri, è un debutto da tutto esaurito. Lui annuncia di star lontano dalle imitazioni e sceglie la tradizione della Commedia dell’Arte. Non c’è il bergamasco dell’Arlecchino e nemmeno il bolognese del Dottore. Nella poliedrica confusione del canovaccio di un giullare contemporaneo, c’è il lodigiano di Giampiero Fiorani e il suo mantra “com’è cara la vita” per uno come lui («perché mi piace il potere e lo voglio»). E poi il bresciano di Emilio “Chicco” Gnutti, il romano di Stefano Ricucci (con l’ossessione per il passato da odontotecnico) e Danilo Coppola (voce flebile che sciorina una lamentela dopo l’altra), ma anche quel «Sant’Antonio Fazio», con cui l’ex amministratore della Banca Popolare di Lodi («inutile spiegare a voi di chi si parla» apre de’ Giorgi) condivide intenti e progetti della sua scalata occulta ad Antonveneta. Buio in sala, luci colorate da “one man show“, il personale racconto-ritratto di Eugenio de’ Giorgi sull’ascesa e la caduta di Giampiero Fiorani, vuol raccontare ai lodigiani un pezzo della loro storia, «rifacendosi al libro Capitalismo di rapina, di Biondani, Malagutti e Gerevini, e a circa 5 mila articoli pubblicati dalla stampa nazionale sulla vicenda».
«E adesso che banca mi compero?». Spavaldo e sicuro di sé, alla ricerca di amici e sostenitori, il Fiorani di de’ Giorgi è soprattutto un uomo che si ama. Disperatamente. Ma se i personaggi sono maschere, e la commedia dell’arte denuncia vizi e virtù, questa carrellata di quadri, che in qualche caso solletica il sorriso, di certo non smuove la riflessione. Smontata per portarne alla ribalta i dettagli, la vicenda perde per strada la forza della Storia e l’importanza della denuncia cade nel compiacimento del cabaret, del voler far ridere ad ogni costo. Si ride sulle folle oceaniche della convention di Genova del 2003 con la quarta richiesta di aumento di capitale in tre anni («perché i soldi sono come le unghie, ricrescono»); si ride sul patto «Sciacchetrà», la cena a Palazzo Grazioli in cui il governatore della Banca d’Italia sollecita il premier Silvio Berlusconi sul tema dell’italianità delle banche. «Un nuovo viaggio, una nuova meta»; e ancora «quanto sono bello» e l’immancabile «com’è cara la vita»; sono i ritornelli di quel Fiorani che incontra Berlusconi in Sardegna, portando con sé un enorme cactus, che si carica in spalla e trascina fino ai piedi del premier, scatenando di nuovo l’ilarità del pubblico. Le eccedenze patrimoniali non sono un problema («basta inventarsi nuove commissioni da applicare i correntisti»), perché «Fiorani? L’è mej dell’enalott» per chi ha ottenuto fidi da 25 milioni di euro per comprare azioni Antonveneta e in 21 settimane si trova sul conto 12 milioni di euro di interessi. Si ride sulla campagna di reclutamento dei prestanome, tra il 2004 e il 2005; il protagonista, prima citato per nome e cognome, ora anonimo dopo le nuove diffide dell’interessato, è un pezzo di quella Lodi che ha taciuto. Per tutti, però, la caduta è vicina. Passa per il Natale 2004, per i 218 regali che de’ Giorgi-Fiorani prepara per gli amici degli amici, passa per la festa in cui l’ex amministratore della Popolare offre i polsi alla Guardia di Finanza. Ma questo non è l’ultimo quadro. De’ Giorgi decide di chiudere con una nuova rinascita, quella che passa per la movida in Costa Smeralda, per le festa con veline e tronisti, perché «la vita è una» e forse è meglio passarla in spiaggia che a San Vittore. Leggerezza che una parte della città non dimentica. A ricordarla uno spettatore, sventolando prima dell’inizio dello spettacolo, la fotografia di un Giampiero Fiorani in costume accanto a Costantino Vitaliano.
Insieme alle associazioni anche la gente comune non ha voluto mancare all’appuntamento. La politica latita, la società civile no. In una sala gremita nessun amministratore comunale.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Francesco Gastaldi, 5 ottobre 2009.
Lodi ha voluto seppellire in fretta la stagione degli scandali bancari e sabato sera si è comportata allo stesso modo allo spettacolo di de’ Giorgi/Maffeis sui “furbetti del quartierino”. Spiccava soprattutto l’assenza del mondo politico locale, quel mondo che già il giorno dopo l’arresto del banchiere lodigiano (la notte di Santa Lucia del 2005) s’affrettava a cercare una “zona grigia” dove negare amicizie personali e favori chiesti fino alla settimana prima all’ex potente decaduto. Nessuno che fosse curioso di scoprire come un attore venuto da fuori avrebbe trattato il più grosso scandalo che abbia mai coinvolto la città. O di capire almeno se questa commedia - che i legali di Fiorani hanno cercato di bloccare fino all’ultimo - valesse la pena vederla o fosse una schifezza. In ogni caso, lo show è stato un successo di pubblico. I 250 posti dell’aula magna del Verri sono stati venduti tutti. La Lodi che conta ha disertato in massa. Quella della gente comune, invece, c’era.
I volantini sullo scudo fiscale
Un’ora prima dell’inizio dello spettacolo già molta gente è in coda per ritirare i biglietti prenotati. C’è anche una lista d’attesa piuttosto nutrita (una quarantina di persone) per chi il tagliando non ce l’ha e spera in defezioni dell’ultimo momento. Pochi di loro riusciranno a entrare. Di fronte all’improvvisato botteghino Giambattista Pera, segretario provinciale dell’Italia dei Valori, distribuisce volantini di Banca Etica contro il decreto sullo scudo fiscale fresco di approvazione alla Camera. «Il palco ideale per spostare l’attenzione su questa porcata di decreto», dice il dipietrista, riferendosi anche a quanti fra i "furbetti" all’epoca trasferirono fiori di milioni guadagnati con plusvalenze illecite sui conti all’estero. La minuscola sala si riempie velocemente. Gli organizzatori sistemano qualche sedia in più per non lasciare nessuno in piedi.
«Qualcuno ci sta registrando»
A riempire l’aula magna del Verri ci sono le associazioni che hanno promosso lo spettacolo e diversi curiosi. Assenti le istituzioni e la politica, sia quella che governava all’epoca e che venne coinvolta nello scandalo sia quella che è in sella oggi. C’è un consigliere provinciale (milanese), l’ex sindaco di Paullo Massimo Gatti; ci sono i rifondazionisti Enrico Bosani (segretario lodigiano) e Antonio Bagnaschi (ex assessore provinciale); e il dipietrista Pera. I rappresentanti di quei partiti che le distanze dal mondo della finanza allegra le hanno sempre prese. C’è anche un volto della vecchia Dc, Giuseppe Giannelli, da sempre professatosi amico personale di Fiorani. In prima fila ci sono Mario Gerevini (Corriere della Sera) e Vittorio Malagutti (L’Espresso), due dei tre autori (mancava Paolo Biondani) di “Capitalismo di rapina“, che più di ogni altro libro ha raccontato le imprese dei “furbetti“. «Mi aspettavo di veder comparire Fiorani da un momento all’altro - commenta Gerevini -; tempo fa l’avrebbe fatto. Evidentemente il tempo passa per tutti». «Lui non c’è - ribatte l’attore Giulio Cavalli - ma qualcuno starà senza dubbio registrando».
Politici ed ex collaboratori, tutti alla larga
Della giunta Ferrari, che governava negli anni dell’età dell’oro della Bipielle di Fiorani, c’è solo l’ex vicesindaco Paola Tramezzani (peraltro sempre contraria alle scelte urbanistiche che finirono nel mirino delle procure e decapitarono i vertici dell’ufficio tecnico di palazzo Broletto). Di quella attuale, nemmeno uno (solo alcuni funzionari dello staff del presidente del consiglio comunale Colizzi). Neanche l’assessore alla cultura Andrea Ferrari, che ha concesso la sala («E poi è sparito», commentano velenosi alcuni attivisti delle associazioni). Zero assoluto nel centrodestra. Nessuno dalla provincia, nessuno dal Pdl, nessuno dalla Lega (cui Fiorani salvò la banca Credieuronord). Nessuno tra i convolti nell’inchiesta. Nessuno tra gli allora dirigenti della Popolare. Un disinteresse “bipartisan“.
Cavalli: «Stasera un miracolo: è stato rispettato un diritto».
Rassegna stampa - Il Cittadino, Rossella Mungiello, 5 ottobre 2009.
«Oggi i giullari o vanno in giro scortati o finiscono in tribunale. Mi auguro che questa sera non ci sia stato profumo di linciaggio; se così fosse, sarò io il primo a scusarmi, di persona». Giulio Cavalli, è il primo ad intervenire nel dopo show. A chiamarlo sul palco è lo stesso de’ Giorgi, ringraziandolo per il sostegno morale alla sua battaglia. Provocatorio e divertente nel raccontare la visita dell’ufficiale giudiziario che ha recapitato al teatro Nebiolo il ricorso di Giampiero Fiorani («in cui Eugenio de’ Giorgi, che non esiste perché è il nome d’arte di Eugenio Maffeis, risultava domiciliato al Nebiolo, come se dormisse clandestinamente qui» ha scherzato l’attore lodigiano), Cavalli ha poi letto alcuni estratti della sentenza che ha dato il via libera alla messa in scena, soffermandosi sull’«oggettivo interesse pubblico della vicenda» richiamato dal giudice e sul «dissenso ragionato» dell’informare con l’arte della satira. «Mi fa paura un paese in cui la normalità è un’eccezione e in cui una vicenda di questo genere passa nel più totale silenzio - ha detto ancora Cavalli - ; questa sera è successo un miracolo, è stato rispettato un diritto». Ad intervenire per le associazioni che hanno sostenuto lo data lodigiana (Adelante!, Bottega dei Mestieri Teatrali - Teatro Nebiolo di Giulio Cavalli, Casa del popolo, Centro documentazione teatro civile, Circoscrizione locale dei soci di Banca etica della provincia di Lodi, Laboratorio per la città, Legambiente, Punto informativo Finanza etica, Rete Lilliput-Nodo di Lodi), Michele Merola. «Siamo stati intercettati dalla Digos nel 2002 perché in concomitanza con il Forex, qualcuno a Roma spacciava la nostra manifestazione per una finanza diversa come un attacco dei no global - ha detto Merola, ricordando l’interrogazione parlamentare dell’onorevole Andrea Gibelli - ; mentre Fiorani portava in alto il nome di Lodi, noi lo infangavamo. Eravamo in piazza a ricordare che la finanza non è solo speculazione e in questi abbiamo continuato a ricordare e parlare della vicenda. C’è una parte della città che non si è mai piegata allo strapotere di Fiorani». Merola si è poi rivolto alle istituzioni, assenti in sala, perché «noi pretendiamo che la politica decida da che parte stare, non può e non dev’essere neutrale tra chi ha patteggiato più di una condanna e i cittadini». Ospiti della serata anche due degli autori di Capitalismo di rapina, Mario Gerevini e Vittorio Malagutti. «Noi abbiamo scritto un libro ben più duro di questo spettacolo e lo stesso de’ Giorgi è andato in scena quindici volte a Milano, credo a toccarlo sia proprio questo luogo - ha detto Gerevini - ; mi aspettavo una cosa dal Fiorani che conoscevo, che fosse qui questa sera, seduto nel pubblico». Soddisfazione dall’autore per «essere riuscito a portare in scena lo spettacolo come previsto» e per l’accoglienza del pubblico lodigiano. «Hanno potuto constatare che non si trattava di una presa in giro, ma di una ricostruzione secondo la maniera della Commedia dell’arte che fa parte del mio percorso artistico - ha detto de’ Giorgi, poco prima di lasciare la città - ; il teatro a volte smorza i toni; la realtà supera di gran lunga la finzione».
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