Rassegna stampa - il manifesto, di Norma Rangeri, 24 ottobre 2009.
Dopo la velina anonima del caso Boffo ecco la telecamera nascosta del caso Marrazzo. Quattro sottufficiali dei carabinieri sono stati arrestati per aver tentato di ricattare il presidente regionale del Lazio con un filmino girato in camera da letto. Il generale dell'Arma ha smentito ogni dietrologia allontanando l'ombra del complotto, spiegando che si tratta di «mele marce».
Difficile crederlo quando a finire nella trappola non è una persona qualunque ma un politico di prima fila: non erano i soldi l'obiettivo principale, ma il killeraggio di un uomo politico. E, in ogni caso, la corruzione di un gruppo di carabinieri con i gradi, non è un episodio da rubricare sotto la voce criminalità comune. Quando il metodo del pedinamento, del ricatto personale, dei dossier confezionati e offerti da archivi stranieri diventa il timbro di una fase politica, è tutto il cesto italiano ad esserne avvelenato.
Il presidente della Regione Lazio sarebbe sotto ricatto da mesi, il gruppo di carabinieri che lo aveva seguito e filmato viene scoperto per caso e arrestato alla vigilia delle elezioni primarie del Pd, all'inizio di una lunga campagna elettorale per il rinnovo del governo regionale. Il metodo della delegittimazione sferra un altro colpo. Tutti i politici, di maggioranza o opposizione, da un governatore regionale al presidente della camera, stiano attenti. Nessuno deve sentirsi al sicuro. Il messaggio arriva ai destinatari, la strategia è chiara. E i cittadini ascoltino con attenzione i telegiornali della sera: non è solo il grande capo a non essere un santo. Come se le escort-candidate e quel che ognuno è libero di fare nella sua vita privata fossero la stessa cosa. Distinguere è un esercizio destinato ad affondare nel fetore della palude.
Le scosse violente tra le istituzioni di garanzia e il capo del governo, le rivelazioni sulla trattativa tra la cupola mafiosa e pezzi dello stato, la questione morale delle tangenti che riemerge al nord e si specchia in una questione criminale al sud. Anche una democrazia forte e in buona salute, e non è il caso nostro, ne verrebbe sfregiata, colpita negli anticorpi che indeboliscono e non riescono ad arginare l'estendersi dell'infezione. La paura si infila nelle relazioni umane, la convivenza incattivisce nell'odio sociale sbarrando la strada a idee e speranze.
Tanto più indifesi di fronte allo tsunami della disoccupazione e davanti a una protesta sociale larga, orgogliosa, generosa che scende in piazza ma non trova una leadership in grado di rappresentarla. Con l'aggravante di una «nebbia fitta» come dice Tremonti, che avvolge i palazzi romani nel rincorrersi di voci su possibili dimissioni del ministro dell'economia, cioè dell'architrave di un governo che non riesce ad affrontare la crisi. Un ministro sotto attacco e un altro, Bossi, che gli assicura la sua protezione.
La politica come una questione di chi guarda le spalle a chi.
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