Ma della foto di quel bambino si poteva fare a meno.
Rassegna stampa - Liberazione, Amar, 22 settembre 2009.
L'Italia dell'informazione, in lutto, si aggrappa alla foto di un bambino di due anni per scrivere di Afghanistan. Per carità, in questi giorni sono state elaborate decine e decine di pagine, decine e decine di ore di interviste televisive per capire, come mai, all'improvviso, guarda tu, ci troviamo in guerra. Ma la foto di Simone - che ieri campeggiava sui più grandi quotidiani nazionali - era probabilmente quello che serviva per dire: non c'è più molto da dire. La Repubblica, La Stampa, Il Messaggero e il Corriere della Sera hanno trovato che l'immagine del bambino triste, un po' stralunato, spaesato, fosse la più efficace per raccontare il "ritorno" dei militari uccisi. Lo scatto era accompagnato da titoli ovvii: il muscolare e affermativo "Coraggiosi parà, l'Italia è con voi" del Messaggero , il didascalico "L'addio dell'Italia ai parà" de La Stampa , il pastorale "L'Italia piange i parà uccisi" de La Repubblica , fino all'apoteosi del Corriere della Sera , con un titolo che almeno dava un senso alla foto: "Simone commuove l'Italia". È vero. Simone è un bambino che ha perso il padre in modo furiosamente ingiusto: in guerra. Nel 2009. Ma della sua immagine si poteva fare a meno. Potevano fare a meno, giornali e tv, di una facile ed omologante speculazione sul dolore e, invece, proteggere l'intimità di una famiglia frastornata, devastata. Lasciare la retorica patriottica alla politica senza paura di fare, per questo, informazione "anti-italiana".
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