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venerdì 18 settembre 2009

Blog Notte - Afghanistan, «Guerra o pace»?

Blog Notte
Afghanistan, «Guerra o pace»?

18 settembre 2009

Faccio mio il titolo di un servizio di oggi che propongo come incipit. Il servizio riporta le dichiarazioni a Sky Tg24 Mattina di Piero Sansonetti che, parlando dell'attentato a Kabul che ieri ha ucciso sei militari italiani, ha detto: "La vera questione è quella su guerra e pace. In Italia i giornali fanno disinformazione sul conflitto. Ma dobbiamo chiederci se vogliamo la guerra o la pace".



Già ha detto proprio così: “In Italia i giornali fanno disinformazione sul conflitto”. Credetemi, la prima pagina dei giornali di oggi che ho trovato maggiormente equilibrata è quella de Il Foglio di Giuliano Ferrara.




Nel post "In edicola oggi" si può trovare un campionario della retorica nazional-giornalistica che non manca mai di salire di tono in simili frangenti.
Ma cosa è successo a Kabul? Il primo video ci mostra una ricostruzione dell’attentato contro i nostri militari. Intorno alle 12 ora locale (circa le 9:30 in Italia), un attentatore a bordo di un'auto carica di esplosivo si è fatto saltare in aria dopo essere riuscito ad infilarsi tra due mezzi blindati "Lince" italiani, impegnati in un servizio di scorta, in viaggio dall'aeroporto al quartier generale delle forze internazionali Isaf.




Questo secondo video invece è la testimonianza del giornalista che è stato il primo a vedere l'orrore, il primo reporter a raggiungere a Kabul il luogo dell'attentato ai parà della Folgore. Hamed Haidari, giornalista di Tolo Tv Afghanistan, racconta a Sky Tg24 quei momenti: "Sono stato il primo reporter ad arrivare sul posto, ho visto numerosi morti e i due mezzi italiani fortemente danneggiati. L'esplosione è stata fortissima, si è avvertita anche lontano e ha danneggiato pure le zone circostanti. C'era chi scappava ma anche chi soccorreva i feriti per portarli all'ospedale. Si è capito subito che erano coinvolti italiani".




Ma ritorniamo all’asserto di Sansonetti e guardiamo l’apertura della prima pagina de La Padania.




“Strage dell’Islam” titola vergognosamente. Il sospetto, no?, è di un evidente volontà di usare le vittime di Kabul per quella stupida battaglia contro le moschee che, come a Casalpusterlengo, crea solo ulteriori disagi a chi vive disgraziatamente sotto amministrazioni leghiste.
E vien da chiedersi quanti di tali prodi, meglio bossi difensori dell’Occidente cristiano siano tra quelli che Mario Giordano così descrive nel suo pezzo su Libero oggi: «Un occhio alle agenzie di stampa, l'altro all'orologio: "Il cuore ci sanguina", "siamo costernati", "una ferita per tutti noi". Ma a che ora parte il prossimo volo per Linate? In fondo è pur sempre giovedì sera. E, si sa, il giovedì sera è sacro: ci sono cose di fronte alle quali onorevoli e senatori devono mostrarsi assolutamente uniti. Il sostegno ai militari in missione? Macché: il week end lungo. Tutti a casa, dunque. Dall'Afghanistan? Ma no. Tutti a casa loro. Infatti ad ascoltare il ministro La Russa alla Camera, ieri pomeriggio, durante l'informativa sulla strage di Kabul, c'erano sì e no un centinaio di deputati». Perché Giordano elenca, elenca così: «Un cinquantina del PdL, una quarantina del Pd, dieci dell`Idv e dell`Udc, quattro leghisti».
Si potrebbero dire molte altre cose, ma preferisco chiuderlo lì questo day after con il commento di Francesco Paternò, dal titolo “Kabul inghiotte anche la ragione”, che ho trovato sul sito del Manifesto.
L'immenso cratere aperto da un'autobomba nel centro di Kabul non si è portato via tutto. Ha inghiottito dieci militari italiani uccidendone sei e ferendone quattro, più un'ottantina di civili afghani. Non ha inghiottito la volontà del governo Berlusconi di dire qualche se e qualche ma, mentre americani, inglesi e tedeschi almeno si fanno domande. In Afghanistan il contingente italiano resta, ha detto il ministro della difesa in parlamento, la pace si fa con la guerra e così sia.
I paracadutisti della Folgore sono stati spazzati via insieme ai loro due blindati, i Lince costruiti dall'Iveco e venduti ad altri otto paesi europei perché considerati molto efficaci. I migliori, non gli invulnerabili come Nembo Kid purtroppo per questi ragazzi e per gli abitanti della disgraziata Kabul. Dove bisognerà capire perché anche questo nuovo immenso cratere inghiotte a discrezione. La povera gente afghana, oggi i soldati italiani, domani chissà. Ha inghiottito pure la manifestazione indetta dalla Federazione della stampa italiana di sabato 19 a Roma, organizzata per far capire al paese che la nostra democrazia è davvero in pericolo. Che Berlusconi non ha nessuna exit strategy come non ce l'ha nessuno in Afghanistan, per cui il rischio può soltanto salire di giorno in giorno. Tacca rossa su tacca rossa, finché salta tutto per aria o arriva qualcuno a disinnescare. Nei film succede. Ma disgrazia non dovrebbe mai cancellare disgrazia. L'appuntamento della Fnsi è rimandato a sabato 3 ottobre, sempre a piazza del Popolo, sempre alle 16.
La disgrazia più grande oggi è toccata ai nostri parà della Folgore, corpo scelto, storia, simboli, ragazzi, «in questo giorno triste per le notizie che arrivano da Kabul, si è riacceso in me l'orgoglio di Parà», scrive Dade '67 sul sito della Folgore, «cerco fratelli di naja del 7° '86 della compagnia ripiegatori di Pisa». Alle 19, è però il solo a provare a cercarsi e ritrovarsi con i commilitoni in un giorno di lutto. Magari per una volta ha ragione Antonio Di Pietro, quando dice che «in Afghanistan a forza di starci, e di restarci, abbiamo perso anche la conoscenza delle ragioni per le quali ci siamo andati».




Il Foglio oggi faceva il punto sulla situazione militare. «L'attentato al Massoud Circle di Kabul che ieri ha ucciso sei militari italiani conferma la diversificazione delle tattiche impiegate dagli insorti contro le forze alleate. Negli ambienti urbani i talebani impegnano raramente gruppi di combattenti che verrebbero facilmente individuati ed eliminati. Per far sentire la loro presenza puntano invece sul lancio di razzi e sui kamikaze. La prima arma è più che altro simbolica perché ha scarsa potenza e nessuna precisione, la seconda invece consente di colpire bersagli paganti e ad alta visibilità mediatica. In città è più facile far entrare e nascondere anche grossi quantitativi di esplosivo per confezionare "giubbotti da martire" o per trasformare in arma auto, moto e persino biciclette. Esplosivi trafficati e confezionati da cellule addestrate nei campi di Jalaluddin Haggani nell’area tribale pachistana.
Nel traffico caotico della capitale, più che sulle strade spesso semivuote dell’Afghanistan, un’autobomba ha molte più chanche di avvicinarsi a un convoglio alleato senza destare sospetti e addirittura di frapporsi tra due mezzi alleati, come è accaduto ieri al convoglio italiano. Fuori dai centri urbani le armi preferite dagli insorti restano le bombe improvvisate, posizionate solitamente lungo le strade, che hanno causato il 70 per cento delle perdite alleate, confezionate con esplosivi fatti in casa o con le cariche di mine e granate. Non mancano le imboscate che gli italiani hanno dovuto affrontare a Bala Murghab e Farah, condotte da unità composte anche da un centinaio di talebani con tecniche sempre più sofisticate. In alcuni casi sono stati colpiti subito i pick-up delle truppe afghane in testa alle colonne per bloccare gli altri mezzi mentre gli insorti si schierano su entrambi i lati della strada, in posizione elevata e su un fronte di quasi un chilometro. I talebani puntano a ridurre l’impatto della maggior potenza di fuoco e dell’intervento di jet ed elicotteri alleati organizzando le imboscate nei pressi di villaggi per potersi fare scudo dei civili.
Il comando italiano nell’ovest afghano non ha voluto commentare il ritrovamento, a fine agosto, di grossi quantitativi di armi iraniane nella provincia dì Herat. La notizia del sequestro, effettuato dalla polizia di confine afghana su indicazioni dell’intelligente americana, è stata resa nota dal Pentagono. Il portavoce Bryan Whitman ha riferito della presenza di missili non meglio specificati, razzi, detonatori e materiale esplosivo artigianale, inclusi led perforanti già forniti dai pasdaran iraniani agli hezbollah libanesi (che le impiegarono contro i tank israeliani) e ai miliziani dell’Esercito del Mahdì che in Iraq uccisero con queste armi molti soldati britannici e almeno quattro italiani. Finora le forze alleate avevano intercettato carichi di armi iraniane diretti ai talebani comprendenti razzi, mine, mortai e proiettili di vario tipo e calibro e qualche componente di missili antiaerei SA-18, è invece la prima volta che emerge la presenza degli ordigni a carica cava capaci di perforare anche le corazzature dei mezzi più pesanti.
Di fronte alla calante popolarità della campagna afghana presso le leadership e le opinioni pubbliche negli Stati Uniti e in Europa, la Nato sembra puntare su nuove parole chiave per definire la strategia futura. Se è impossibile parlare di exit strategy di fronte a una situazione militare lontana dalla stabilizzazione, ora i vertici dell’Alleanza atlantica puntano sulla "transizione" verso una piena capacità degli afghani di garantire la sicurezza. Secondo stime accreditate dalla Nato, per garantire la sicurezza sono necessari almeno 400 mila uomini in totale, tra soldati e poliziotti afghani e militari alleati in un rapporto di uno a tre. 100 mila soldati alleati sono già presenti, ma le forze locali contano appena 180 mila militari e poliziotti in buona parte poco addestrati, male armati e non troppo affidabili (specie i poliziotti). Per formare forze afghane sufficienti alla "transizione" ci vorranno quindi ancora molti anni. Intanto, secondo quanto raccontato ieri dal Wall Street Journal, i vertici militari del Pentagono stanno sostenendo presso la Casa Bianca la richiesta, non ancora formalizzata, del generale americano Stanley McChrystal di inviare altri 40 mila soldati in Afghanistan in aggiunta ai 62 mila già presenti. Il sostegno dei vertici del Pentagono, dice il Wsj, rende più facile per il presidente Obama prendere una decisione positiva, nonostante i problemi politici interni.»

Non molto confortante e per di più ancora nessuno ha spiegato realmente perché abbiamo mandato soldati in Afghanistan? Personalmente me lo chiedo da tempo e non ho trovato ancora una, che sia una, risposta soddisfacente.
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