FATTI E PAROLE

Foglio virtuale quotidiano di Brembio e del suo territorio

http://www.fattieparole.info

Si può leggere l'ultimo numero cliccando sopra, sull'immagine della testata o sul link diretto, oppure cliccando qui.
Ogni nuovo numero esce nelle ore serali, ma dopo le 12.00 puoi già leggerlo mentre viene costruito cliccando qui.

FATTI E PAROLE - ARCHIVIO
www.fattieparole.eu

La parola al lettore

Le tue idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni, i tuoi commenti, le tue proposte: aiutaci ad essere un servizio sempre migliore per il nostro paese.

Puoi collaborare attivamente con noi attraverso questo spazio appositamente predisposto - per accedere clicca qui - o anche puoi scriverci cliccando qui.

sabato 11 luglio 2009

Un Po cloaca

Laura De Benedetti su Il Giorno di oggi che il carico inquinante del Po è tale come se abitassero in zona 114 milioni di persone ma i residenti sono 17mila.
Maglia nera.
Rassegna stampa.

Un fiume inquinato e in costante pericolo a causa dell’attività estrattiva. Un fiume che rischia di essere trasformato in tanti piccoli bacini-laghi per consentire il trasporto fluviale. È il ritratto che Legambiente fa del bacino del Po che si snoda lungo 652 chilometri, toccando sei Regioni, 3.200 comuni con una popolazione di 17 milioni di abitanti. Il record negativo di qualità per la concentrazione di azoto e fosforo si registra nel Lodigiano, a Orio Litta, nel punto in cui il Lambro si immette nel Po.
«Le concentrazioni di azoto e fosforo, compatibili con livelli di qualità “buona” delle acque del corso pavese del Po, nonché nel suo affluente Ticino — riporta Legambiente —, aumentano bruscamente a causa del carico di inquinanti portato dal Lambro. Successivamente il Po non riesce a riprendersi lungo tutto il tratto a valle, nelle province di Piacenza e Cremona, dove al fiume pervengono carichi inquinanti dagli allevamenti della Bassa Pianura Lombarda». E infatti la qualità resta “scadente” a Senna Lodigiana e a Castelnuovo Bocca d’Adda. Proprio qui invece le acque dell’Adda, prima di confluire nel “grande fiume”, riportano una “sufficienza”.
Ma più in generale il fiume «peggiora progressivamente dopo l’ingresso in Lombardia», a causa della «eccessiva immissione di carichi organici, derivanti soprattutto dal comparto agro-zootecnico». Sull’asta del Po si trovano allevamenti per 3 milioni di capi bovini e 6 milioni di suini (5 milioni complessivi in Lombardia) che producono un carico inquinante equivalente a 114 milioni di abitanti (contro i 17mila reali). Ma nel Po, così come in Lambro e Adda, non mancano le contaminazioni farmaceutiche provenienti da lavorazioni industriali o da reflui domestici: antibiotici, antitumorali, antinfiammatori, diuretici, antipertensivi e altri composti.
Ricercatori dello «ZooPlantLab» delle Università di Milano-Bicocca e Insubria stanno cercando di valutarne gli effetti sugli organismi animali e vegetali ma anche sui terreni (campi coltivati e orti) irrigati con le acque di questi corsi d’acqua. Legambiente mette in guardia anche contro lo studio, finanziato a fine 2007 con 700mila euro dalla Regione, che prevede la suddivisione del Po in «bacini», al fine di renderlo navigabile fino al mare. Una ipotesi che il movimento ambientalista boccia, anche se il progetto si finanzierebbe con la produzione di energia elettrica, perché «determinerebbe severi impatti ambientali: ostacoli insormontabili agli spostamenti di fauna acquatica, arresto del deflusso idrico con la formazione di laghi e con probabile sviluppo di fenomeni di eutrofizzazione, interruzione dell’apporto di sabbie verso il mare a danno dei lidi romagnoli, totale artificializzazione delle sponde».
L’idea originaria di suddivisione in bacini del Po risale ai primi anni ‘60, quando si voleva sviluppare un sistema di navigazione commerciale tra l’Adriatico e Milano a partire dalla diga Enel di Isola Serafini, tra Lodigiano e Piacentino. Ora i bacini si ipotizzano più a sud: il primo tra Cremona e Parma. Ma gli effetti riguarderebbero tutta l’asta fluviale. Il dossier denuncia i danni dovuti alle escavazioni abusive ma invita anche ad evitare le «interpretazioni più irrazionali» come nel caso «del recente crollo del ponte tra Piacenza e la sponda lombarda avvenuto a causa della cattiva qualità del manufatto. Eppure questo episodio è diventato addirittura la scusa per sponsorizzare da parte delle istituzioni, pesanti manomissioni ai danni del fiume, che nulla hanno a che fare con la sicurezza idraulica».
Il fiume, viene ripetuto nel dossier, è un sistema dagli equilibri fragili, da tutelare, evitando l’edificazione in aree a rischio (i Comuni a rischio idrogeologico sono 2.423): se la prima alluvione documentata risale al 108 avanti Cristo, l’ultima a interessare buona parte del bacino è stata nel Duemila. L’ultima nota riguarda la presenza di troppi enti con competenza sul fiume. Ma il «Sistema turistico Po di Lombardia» — che accomuna le province di Pavia, Lodi, Cremona e Mantova (436 comuni) — per favorire la navigazione fluviale e la fruibilità, è visto positivamente: 800 strutture con 18mila posti letto che ha portato a un incremento delle presenze del 45 per cento.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.