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sabato 11 luglio 2009

L’espansione edilizia non è un bene

In prima pagina Il Cittadino di oggi pubblica un commento di Gesualdo Sovrano sulla cementificazione selvaggia diventata lo sport preferito dei sindaci lodigiani.
Chi salverà il Lodigiano dal cemento?
Rassegna stampa.

Leggendo la cronaca del Lodigiano c’è qualcosa che mi rode dentro. I sindaci, tutti o quasi tutti, certamente in buona fede e per dare un segnale di efficienza e managerialità, annunciano che è imminente la messa in cantiere di grandi progetti di espansione edilizia che assecondano un vero e proprio boom demografico. Sono anche fieri e orgogliosi di informare che nel Comune da loro amministrato la popolazione cresce oltre le più ottimistiche previsioni superando con facilità la fatidica soglia di cinque, dieci o quindicimila abitanti. Allora mi chiedo: perché i sindaci dovrebbero gioire se la popolazione cresce a vista d’occhio e i piccoli paesi diventano grandi e quelli grandi diventano città? Non sanno essi che l’addensamento urbano e la congestione del traffico veicolare, che ne è la principale espressione, rendono l’aria irrespirabile? Basta andare a scorrere i dati del monitoraggio sulla qualità dell’aria per accorgersi che agglomerati urbani, non dico come Lodi, che è da considerare una metropoli rispetto a paesi di poche migliaia di anime, ma come S. Angelo L., Casale, Codogno o Montanaso, hanno in determinate condizioni meteorologiche una concentrazione di polveri sottili Pm10 che rivaleggia con quella di Milano. E parimenti si riscontra che l’ozono non solo presenta diverse criticità in piccoli paesi come Graffignana e Abbadia Cerreto, ma colonizza addirittura l’aperta campagna.

Nella foto il comparto di riqualificazione urbana CRU1 del PGT di Brembio. L'area verde sarà utilizzata per una espansione edilizia.

Allo stesso modo, resto perplesso quando amministratori di qualche Comune affacciato sul Po enfatizzano il ruolo del turismo quale motore dell’economia locale e sollecitano, come condizione irrinunciabile, l’attuazione di progetti mirati a potenziare le strutture e le infrastrutture (pontili, banchine, strade di accesso, ecc.). Non sanno essi che la cementificazione delle sponde e dell’ambiente fluviale cancella la bellezza e la poesia dei luoghi? Non si può certo affermare, tanto per fare un esempio, che la Croazia è dotata di strutture e strade di soddisfacente qualità, ma è un fatto che essa pullula di turisti, perché questi viaggiano per cercare la bellezza della natura e non strade più comode.
L’insidia mortale per il paesaggio e il territorio rurale viene proprio dalla storia recente delle città. L’inquinamento e il carovita hanno messo in ginocchio le grandi città, che hanno arrestato la marcia trionfale avviata nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Le città si svuotano, nonostante l’edilizia d’assalto, gli inutili pianicasa e il miraggio di Expo 2015. La gente fugge dall’inferno di asfalto e cemento e si riversa in massa nei piccoli centri abitati sparsi nella pianura (paesi, borghi e cascine), in cerca di quiete e aria pulita.
Lo spopolamento è evidente anche in una piccola città come Lodi che, pur beneficiando di apporti di nuova popolazione di varia provenienza, perde a sua volta abitanti in favore dei comuni limitrofi e stenta pertanto a mantenere un sia pur modesto ritmo di crescita demografica. Qualcuno potrebbe obiettare, dati alla mano, che nel 2008 Lodi è tornata a crescere dopo un lungo periodo di stasi, ma è certo che l’incremento di popolazione evidenziato dall’ufficio anagrafe è dovuto principalmente all’aumento dei flussi immigratori, i quali riempiono gli spazi lasciati vuoti dalla progressiva rarefazione della popolazione nativa.
Recenti indagini, realizzate e pubblicate a cura dell’Istituto nazionale di sociologia rurale, vedono con favore la dispersione della popolazione nei comuni rurali (con meno di 300 abitanti per Km2), interpretando l’attuale diaspora urbana come un segno del ritorno alla terra e verso la riscoperta delle radici contadine, un modo originale per rivitalizzare il territorio, l’economia e l’agricoltura, dopo il massiccio esodo biblico inaugurato dall’era industriale. Tuttavia, studiosi e urbanisti sono del parere che questo modello di insediamento nel tessuto rurale, che va sotto il nome di città diffusa o cittàregione, aumenta la cementificazione del territorio.
Per parte mia, mi limito ad aggiungere che la ruralizzazione della popolazione non risolve il problema della qualità della vita, anzi la peggiora perché ha il grave difetto di portare traffico e inquinamento nel cuore della campagna, rendendola insalubre né più né meno come la città.
Insomma, se i sindaci sapessero quali e quante sono le grane per l’ambiente e la salute umana, e i relativi oneri finanziari, che insorgono quando si distrugge quella preziosa risorsa che è il suolo agricolo e naturale, forse sarebbero meno propensi a contendersi i nuovi residenti.
E se la gente sapesse i rischi che si corrono quando si tagliano gli alberi e si aprono nuove strade, forse sindaci e amministratori sarebbero meno soli nel momento di decidere quello che è giusto fare.

Nella foto l'area della prima unità minima d'intervento dell'area di trasformazione AT1 prevista dal PGT di Brembio. L'area verde sarà usata per una espansione edilizia.

Non bisogna fuggire da Milano e tanto meno da Lodi. Il problema è, semmai, di rendere le due città belle e vivibili come lo erano un tempo. Quanto alla nostra città, è opportuno proseguire le politiche urbanistiche mirate alla crescita e al rinnovamento. Nello stesso tempo bisogna, però, alleggerirne la struttura sia nel senso di abbondare nel verde pubblico e privato, oggi piuttosto risicato, sia nel senso di evitare nei nuovi edifici le volumetrie da incubo, purtroppo dettate da criteri speculativi e dal prevalere dell’interesse privato sul bene comune. Sono proprio queste volumetrie, infinitamente superiori a quelle originarie, la causa indiretta dell’invivibilità dell’ambiente urbano. Se Lodi tornasse a crescere in modo equilibrato, questo contribuirebbe a salvaguardare l’identità e l’integrità del territorio lodigiano, che oggi rischia di perdere la sua ruralità e la sua specificità per trasformarsi in un immenso quartiere dormitorio.
Quale deve essere il nuovo piano di sviluppo socioeconomico del territorio o una crescita demografica compatibile con la tutela dell’ambiente e dell’agricoltura spetta alla Provincia decidere, e questa è una sfida per la nuova amministrazione che per la prima volta è subentrata alla sinistra.

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