Il Cavaliere tentato dalle urne: «Vinco anche senza Gianfranco».
Rassegna stampa - La Stampa, Amedeo La Mattina, 16 novembre 2009.
Negli ultimi giorni Berlusconi parla poco, anzi niente, in pubblico, ma nelle conversazioni private è sempre un fiume in piena. E ieri a uno dei suoi interlocutori ha segnalato gli articoli dell’Unità dedicati a un pentito di mafia Gaspare Spatuzza, che accusa Dell’Utri e chiama in causa il premier come nuovi referenti politici di Cosa Nostra nel ‘93 al termine della sanguinosa campagna stragista a Roma, Firenze e Milano.
Il timore del Cavaliere è che da Palermo gli arrivi un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa. Il passaggio cruciale sarà la data della testimonianza di Spatuzza nel processo di secondo grado contro Dell’Utri, già condannato a nove anni in primo grado. Poi ci sono altri due fronti aperti: quello della procura di Caltanisetta, che indaga sugli attentati a Falcone e Borsellini nel ‘92: e l’inchiesta di Firenze sui mandanti esterni delle stragi del ‘93. A tutto questo si aggiunge l’inchiesta milanese sull’Arnerbank (oggetto della puntata di ieri sera di «Report») che i procuratori milanesi sospettano sia una sorta di lavanderia per il denaro sporco che arriva fino a Marina e Piersilvio Berlusconi. Sull’Arnerbank poi hanno messo gli occhi anche i pm di Palermo Scarpinato e Ingroia che si occupano di riciclaggio di soldi della mafia.
Insomma, altro che la continua guerriglia di Gianfranco Fini: oltre ai processo Mills e Mediaset, ad agitare veramente i sonni di Berlusconi sono le incredibili bombe atomiche giudiziarie, che potrebbero essere sganciate su Palazzo Chigi per devastare la credibilità del premier. Al quale, se arrivasse da una di queste procure un avviso di garanzia, non resterebbe che la strada delle elezioni anticipate per dire al Paese: ecco il «fango» che monta e che vuole destabilizzare un premier eletto dal popolo. «Così non si può governare: o mi legittimate o così non si può andare avanti».
Intanto, Berlusconi ha l’impellenza dei processi in corso (Mills e Mediaset, appunto) per i quali ha bisogno dell’approvazione del ddl sul processo breve. Ma il suo sospetto è che il provvedimento, una volta arrivato sul tavolo del capo dello Stato, possa finire sugli scogli dell’incostituzionalità. Basteranno le modifiche alle quali sta lavorando il ministro della Giustizia Angelino Alfano? Oppure si sta ripetendo il gioco al quale il premier ha assistito con il Lodo Alfano che è stato modificato per rispondere ai desiderata del Quirinale? Fini adesso suggerisce di affiancare al ddl sul processo breve la via costituzionale del Lodo Alfano, come ha suggerito Casini, e l’immunità di stampo europeo.
Ma come «precondizione» la terza carica dello Stato chiede lo stanziamento di risorse per gli operatori della giustizia, perché solo così si possono evitare i tempi biblici dei processi. Ma Berlusconi ha il sospetto che stia scattando una trappola ai suoi danni. Consapevole che si tratta di diversivi, perchè la strada del doppio binario di Fini è ostruita dall’opposizione del Pd a ogni forma di dialogo. Allora, basta chiacchiere. Il cavaliere vuole capire se alla fine, in Parlamento, a spingere veramente per approvare questo benedetto ddl è tutta la maggioranza o ci sarà chi rema contro. Il suo silenzio pubblico, dicono fonti berlusconiane, è dovuta all’attesa di capire come si dispongono le forze in campo già al Senato.
Inutile dire che le dichiarazioni fatte ieri da Fini «In mezz’ora» di Lucia Annunziata gli hanno fatto suonare tanti campanelli d’allarme. A cominciare da quella frase con la quale l’ex leader di An ha scongiurato le elezioni anticipate che sarebbero la fine non solo della legislatura, ma anche del Pdl. «E chi lo ha detto? Il Pdl può vivere e vincere le elezioni anche senza Fini». Ecco, il silenzio di Berlusconi promette tempesta nella maggioranza. Se poi dovesse arrivare una brutta notizia da Palermo la guerra sarà totale.
"Nessun complotto anti-Berlusconi".
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