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lunedì 16 novembre 2009

Un fiume in piena

Il processo Dell'Utri è l'incubo di Berlusconi.
Il Cavaliere tentato dalle urne: «Vinco anche senza Gianfranco».

Rassegna stampa - La Stampa, Amedeo La Mattina, 16 novembre 2009.

Negli ultimi giorni Berlusconi parla poco, anzi niente, in pubblico, ma nelle conversazioni private è sempre un fiume in piena. E ieri a uno dei suoi interlocutori ha segnalato gli articoli dell’Unità dedicati a un pentito di mafia Gaspare Spatuzza, che accusa Dell’Utri e chiama in causa il premier come nuovi referenti politici di Cosa Nostra nel ‘93 al termine della sanguinosa campagna stragista a Roma, Firenze e Milano.
Il timore del Cavaliere è che da Palermo gli arrivi un avviso di garanzia per concorso esterno in associazione mafiosa. Il passaggio cruciale sarà la data della testimonianza di Spatuzza nel processo di secondo grado contro Dell’Utri, già condannato a nove anni in primo grado. Poi ci sono altri due fronti aperti: quello della procura di Caltanisetta, che indaga sugli attentati a Falcone e Borsellini nel ‘92: e l’inchiesta di Firenze sui mandanti esterni delle stragi del ‘93. A tutto questo si aggiunge l’inchiesta milanese sull’Arnerbank (oggetto della puntata di ieri sera di «Report») che i procuratori milanesi sospettano sia una sorta di lavanderia per il denaro sporco che arriva fino a Marina e Piersilvio Berlusconi. Sull’Arnerbank poi hanno messo gli occhi anche i pm di Palermo Scarpinato e Ingroia che si occupano di riciclaggio di soldi della mafia.
Insomma, altro che la continua guerriglia di Gianfranco Fini: oltre ai processo Mills e Mediaset, ad agitare veramente i sonni di Berlusconi sono le incredibili bombe atomiche giudiziarie, che potrebbero essere sganciate su Palazzo Chigi per devastare la credibilità del premier. Al quale, se arrivasse da una di queste procure un avviso di garanzia, non resterebbe che la strada delle elezioni anticipate per dire al Paese: ecco il «fango» che monta e che vuole destabilizzare un premier eletto dal popolo. «Così non si può governare: o mi legittimate o così non si può andare avanti».
Intanto, Berlusconi ha l’impellenza dei processi in corso (Mills e Mediaset, appunto) per i quali ha bisogno dell’approvazione del ddl sul processo breve. Ma il suo sospetto è che il provvedimento, una volta arrivato sul tavolo del capo dello Stato, possa finire sugli scogli dell’incostituzionalità. Basteranno le modifiche alle quali sta lavorando il ministro della Giustizia Angelino Alfano? Oppure si sta ripetendo il gioco al quale il premier ha assistito con il Lodo Alfano che è stato modificato per rispondere ai desiderata del Quirinale? Fini adesso suggerisce di affiancare al ddl sul processo breve la via costituzionale del Lodo Alfano, come ha suggerito Casini, e l’immunità di stampo europeo.
Ma come «precondizione» la terza carica dello Stato chiede lo stanziamento di risorse per gli operatori della giustizia, perché solo così si possono evitare i tempi biblici dei processi. Ma Berlusconi ha il sospetto che stia scattando una trappola ai suoi danni. Consapevole che si tratta di diversivi, perchè la strada del doppio binario di Fini è ostruita dall’opposizione del Pd a ogni forma di dialogo. Allora, basta chiacchiere. Il cavaliere vuole capire se alla fine, in Parlamento, a spingere veramente per approvare questo benedetto ddl è tutta la maggioranza o ci sarà chi rema contro. Il suo silenzio pubblico, dicono fonti berlusconiane, è dovuta all’attesa di capire come si dispongono le forze in campo già al Senato.
Inutile dire che le dichiarazioni fatte ieri da Fini «In mezz’ora» di Lucia Annunziata gli hanno fatto suonare tanti campanelli d’allarme. A cominciare da quella frase con la quale l’ex leader di An ha scongiurato le elezioni anticipate che sarebbero la fine non solo della legislatura, ma anche del Pdl. «E chi lo ha detto? Il Pdl può vivere e vincere le elezioni anche senza Fini». Ecco, il silenzio di Berlusconi promette tempesta nella maggioranza. Se poi dovesse arrivare una brutta notizia da Palermo la guerra sarà totale.

L'ex leader di An: Parlare di golpe è delirante.
"Nessun complotto anti-Berlusconi".
Fini dice "no" al voto anticipato: «Sarebbe un fallimento del Pdl»
Rassegna stampa - La Stampa.it, 15 novembre 2009.

«Le elezioni anticipate sarebbero il fallimento della legislatura, ma anche del Pdl» che rappresenta «il fatto nuovo di questa legislatura di cui Silvio Berlusconi può a buon diritto menar vanto». Il presidente della Camera Gianfranco Fini mette così fine alle voci, sempre più insistenti nei palazzi del potere, di un ritorno alle urne in tempi brevi. «Questa legislatura - spiega Fini alla trasmissione tv "In mezz’ora" condotta da Lucia Annunziata - è nata con una maggioranza molto ampia, insieme alla Lega, per Berlusconi. Si tratterebbe di spiegare agli italiani che con una maggioranza tanto alta non si riesce a governare; le spiegazioni a volte convincono, altre no. E poi questa legislatura nasce con un grande fatto politico di cui Berlusconi può menar vanto, la nascita del Pdl». Dunque, Fini non pensa che le elezioni anticipate «possano essere evocate, a meno che non ci si convinca della bizzarra teoria del complotto» che lui respinge con forza. «In ogni caso - aggiunge - a Costituzione vigente nessuno può sciogliere le Camere se non il Capo dello Stato». Il co-fondatore del Pdl, infatti, non ci sta a passare per un «complottista» («siamo al delirio...») per le sue posizioni anche sulla giustizia. «Se avessi voluto esercitare una leadership personale - avverte - mi sarei tenuto stretto un partito al 13%. Io invece credo nel Pdl», ribadisce, invitando a superare le vecchie logiche e ad accantonare il «clima parossistico» che si respira nel partito. Un’operazione per la quale, sostiene, un nuovo congresso «mi sembra una non soluzione. Un partito del 35-40% ha il dovere di guardare al di là del contingente. Dare fastidio se chiedo ciò, non toglie niente alla mia serenita». E allora, sottolinea, non si tratta «di formare un nuovo partito, archiviare il Pdl o avere in testa un complotto: chi lo pensa - afferma - non ha capito niente». Per questo, invita, Silvio Berlusconi a dire la sua: «Se ha qualcosa di rilevante da dire lo faccia; e magari lo faccia in Parlamento». Fini poi, dopo aver auspicato che un’eventuale ripristino dell’immunità di cui si parla in questi giorni non si trasformi in «immunità», chiede l’apertura di un confronto sul lodo costituzionale: anche con il Pd. E questo perchè, è il ragionamento di Fini, «se c’è la volontà di risolvere il cortocircuito attuale, senza garantire a Berlusconi l’impunità, nessuno può pensare di abbatterlo per via giudiziarià». E il lodo Alfano per via costituzionale? Per Fini può benissimo essere portato avanti dal Parlamento insieme al ddl per i processi brevi. «L’una cosa non esclude l’altra», sostiene, ricordando che il provvedimento che fissa in sei anni la durata dei processi «non deve destare scandalo» dal momento che l’Unione Europea ha condannato più volte l’Italia per i suoi ritardi. E dal momento che un conto è garantire alle più alte cariche dello Stato di poter governare affrontando eventuali processi alla fine del mandato. Altro è assicurare ai cittadini «il diritto di vedersi riconosciuto il torto o la ragione in tempi rapidi». Le due cose, assicura Fini, possono «marciare di pari passo». La «condizione preliminare» per un suo via libera al ddl per i processi brevi, comunque, è che «ci sia anche uno stanziamento in Finanziaria per il settore giustizia, affinchè gli uffici giudiziari possano celebrare davvero in tempi rapidi i processi. Senza fondi adeguati, insiste, il ddl sarà difficilmente applicabile».
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