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lunedì 16 novembre 2009

Ritirare quelle norme

Processo breve, Bersani: no alla legge.
Sulle riforme: "Disponibili a discutere".

Rassegna stampa - La Stampa.it, 16 novembre 2009.

Conferenze programmatiche, forum, contatto diretto con le fondazioni e, soprattutto una festa di partito che torni ad essere «politica». Nel suo intervento alla direzione del Pd, Pierluigi Bersani ha disegnato in maniera chiara il suo partito introducendo una serie di novità nella struttura. Bersani ha parlato di una «conferenza programmatica ogni anno con gli amministratori del Pd» e di una «conferenza permanente dei segretari regionali». Poi, tra gli altri, saranno organizzati una serie di forum e verrà messa in piedi una «struttura per la formazione e per i rapporti con le fondazioni».
Il Pd è disponibile a discutere di riforme istituzionali ovviamente in Parlamento e a partire sostanzialmente da quella che è stata chiamata bozza Violante. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, al termine della direzione del partito risponde così ai giornalisti che gli chiedono di commentare l’appello di Gianfranco Fini affinchè maggioranza e opposizione collaborino sulle riforme. «Io all’assemblea nazionale del Pd ho avanzato un pacchetto di misure che servono al paese», a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari, dall’istituzione del Senato federale e da una legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere i parlamentari.
«L’invito è quello di ritirare quelle norme». Pier Luigi Bersani lo dice chiaramente, le disposizioni sul processo breve proposte dal Pdl devono sparire dal tavolo per ipotizzare un dialogo sulla giustizia. «Abbiamo proposto un pacchetto di riforme sul quale siamo pronti a dare il nostro voto domani mattina -ha detto il segretario del Pd a margine della Direzione del partito-. Abbiamo bisogno di fare alcune riforme, anche della giustizia. Se si potesse discutere, siamo a disposizione. Ma non su norme che sono inaccettabili. L’invito è a ritirare quelle norme. Partiamo dalle esigenze dei cittadini, da un afficientamento della giustizia. Su queste riforme, noi ci siamo».
L’uscita di Rutelli dal Pd è un fatto «doloroso» una defezione che non viene «sottovalutata» e il partito non cambierà il proprio «progetto originario». Pier Luigi Bersani, secondo quanto viene riferito da uno dei partecipanti alla direzione, avrebbe iniziato il proprio intervento dedicando alcune parole all’ex leader della Margherita che ha scelto di abbandonare il Pd. Bersani, inoltre, avrebbe sottolineato che per reagire all’abbandono di Rutelli di alcuni altri esponenti democratici è necessario «dare una risposta politica».



Riforme, Fini frena: la maggioranza non può riscrivere le regole da sola .
Appello del presidente della Camera a Pdl e Lega: "Le scelte siano condivise" .

Rassegna stampa - La Stampa.it, 16 novembre 2009.

Resta alta la temperatura sul tema delle riforme (soprattutto quella della giustizia) non soltanto tra maggioranza e opposizione, ma anche all’interno del Pdl, con Fini che chiede regole condivise ma si scontro con l'offensiva dei "falchi" del Pdl.
Le grandi riforme istituzionali devono essere condivise, e non scritte a piacimento della singola maggioranza che si trova a governare, afferma il presidente della Camera, intervenendo alla seduta straordinaria del consiglio comunale di Prato. «Sarebbe certamente un momento difficile, per il nostro Paese - ha spiegato - quello in cui dovesse affermarsi il principio che, in una democrazia dell’alternanza, ogni maggioranza modifica a proprio piacimento quelle che sono le regole del vivere civile, le regole che devono impegnare tutti gli italiani». Secondo Fini infatti «riscrivere le regole deve necessariamente comportare l’impegno ad una riscrittura che sia quanto più possibile condivisa, perché le regole riguardano tutti, e le istituzioni della Repubblica sono le istituzioni di ogni italiano».
Il presidente della Camera ha quindi sottolineato che «è proprio la nostra Costituzione a indicare con chiarezza le modalità attraverso le quali è possibile modificarla: è certamente possibile farlo avvalendosi di maggioranze ordinarie, ma in quel caso si è sottoposti all’esame dell’unico soggetto che in democrazia è sovrano, il corpo elettorale. L’esperienza recente deve insegnare a tutti che, se vogliamo riforme condivise in grado di gettare solide basi di credibilità delle istituzioni per il prossimo futuro, non ci si deve stancare di cercare il confronto ed evidenziare positivamente quello che può unire, mettendo da parte o in secondo piano tutto quello che può dividere». In un ambito più ampio, di riforme strutturali, il presidente della Camera ha comunque auspicato un sentimento di condivisione e confronto civile, perché «il Paese non può continuare a dilaniarsi come in una perenne campagna elettorale».
Quando si parla di immigrazione «non vi può essere integrazione senza legalità», ha poi ribadito Fini. «Ci si integra solo se si è disposti a vivere in condizioni di rispetto della legalità», ha aggiunto Fini: «Se è doveroso da parte dell’Italia - ha proseguito - rispettare la cultura di origine e l’identità delle donne e degli uomini che vengono a partecipare, con il loro lavoro, alla crescita della nostra società, dobbiamo anche chiedere loro di rispettare le nostre leggi, parlare la nostra lingua, mandare i loro figli nelle nostre scuole, fare proprio il valore della dignità della persona che è alla base della nostra cultura». Secondo il presidente della Camera infatti «non si possono reclamare solo diritti, senza essere pronti ad adempiere ad altrettanti precisi doveri. Integrazione non può significare chiudere gli occhi di fronte ad autentiche enclave dove non si rispettano le leggi e i diritti, non si parla la lingua italiana, e non si chiede l’integrazione. Serve quindi l’impegno delle istituzioni, della politica e dei cittadini - ha concluso Fini - per rendere possibile un nuovo patto di cittadinanza».



Da parte del governo il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, detta la linea: «Non è intendimento del governo procedere spontaneamente alla riproposizione del cosiddetto lodo Alfano con legge costituzionale. Coloro che hanno a cuore il bene del Paese possono farlo, noi non abbiamo nulla in contrario e lo valutiamo con favore. Dell’utilità di quella legge ci si accorge nuovamente oggi, era molto equilibrata». Sul fronte del Pdl un nuovo attacco al presidente della Camera viene però dal direttore del "Giornale", Vittorio Feltri: «La magistratura è un partito, ed è ovvio che Berlusconi se ne difenda con il suo partito, il Pdl. Peccato che alcuni alleati del Cavaliere non abbiano capito il concetto o facciano orecchie da mercante. I finiani si sono scoperti formalisti e adoratori delle norme, pur di non dare una mano al premier». Netta la replica di Italo Bocchino, vicepresidente vicario del gruppo Pdl alla Camera: «I falchi berlusconiani devono farla finita di parlare di complotto contro Berlusconi. Basta con le "ghedinate" da prendere o lasciare. Il premier deve guardarsi da quei suoi consiglieri che lo hanno portato in un vicolo cieco. Procediamo con la riforma costituzionale del lodo Alfano e del ripristino dell’immunità parlamentare; così come è oggi, il processo breve è destinato a sbattere contro il muro dell’incostituzionalità».



A Bocchino replica il coordinatore nazionale Pdl, Sandro Bondi: «Trovo quanto meno indelicato, nonchè inaccettabile, il neologismo che chiama in causa una persona di rare qualità morali e professionali, a cui tutti dovremmo essere grati per l’impegno che svolge». Dall’opposizione la presidente del Pd, Rosy Bindi, afferma: «Noi siamo disponibili a dialogare per una riforma della giustizia che interessi tutti gli italiani e tutti i cittadini». Sullo stesso concetto insiste Marina Sereni, vicepresidente del Pd: «Perchè non si fa una riforma della giustizia in Italia? Perchè quello che interessa a questa maggioranza e a questo governo non è rendere efficiente la macchina dei processi per tutti i cittadini, ma soltanto salvare Berlusconi». Per l’Italia dei valori, il capogruppo alla Camera, Massimo Donadi, sottolinea: «Diciamo no al lodo Alfano mascherato, fatto con legge costituzionale. Non passerà questo ennesimo tentativo di salvare Berlusconi, sempre sulla pelle dei più elementari principi di giustizia e uguaglianza davanti alla legge. Il governo sta costringendo il Parlamento e la politica a occuparsi solo dei processi del premier, mentre il Paese annaspa a causa di una crisi economica drammatica».
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