Vincenzo Dossena ha scritto a Il Cittadino una lettera, pubblicata oggi, che può essere un'utile lettura per una riflessione sull'uso politico del passato e della storia.
Onestà e trasparenza intellettuale nel recupero delle radici.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Vincenzo Dossena, 7 ottobre 2009.
Gentilissimo Direttore, ho rilevato l’enfasi e lo sfondo retorico con il quale è stato presentato in anteprima venerdì 2 Ottobre il kolossal Barbarossa e respingo al mittente, il regista Martinelli, la dedica del film «alla nostra gente padana»: in primis come cittadino lodigiano. A prescindere della qualità dell’opera prodotta con larghi mezzi finanziari pubblici, non sfugge l’alone propagandistico che, fatti tutti i debiti scongiuri denota parallelismi con episodi di politica cinematografica del ventennio fascista che esaltavano Roma imperiale. Non mi stupirei che alla prossima Mostra di Venezia dopo la premiazione di “Scipione l’africano” con la coppa Mussolini non si istituisse una apposita onorificenza, tipo Nastro Lumbard, per esaltare il capolavoro fortemente voluto dalla nomenclatura leghista.
Detto dell’aspetto promozionale, il maggior disappunto nasce dal fatto di come la manipolazione della Storia possa essere asservita impropriamente a ricerca di identità: nel caso dell’attuale Lega ad uso dichiaratamente ideologico.Qui riprendo una delle conferenze d’autore su temi storici - promossa lo scorso aprile dalla Casa editrice Laterza, dall’Amministrazione comunale di Milano e Fondazione Corsera: nello splendido scenario della Basilica di Santa Maria delle Grazie dove il Prof. Alessandro Barbero tenne una “lezione” sul tema “Barbarossa sconfitto a Legnano”. La ricostruzione storica, che qui sintetizzo per ragioni di spazio, sviluppa un’analisi su come la battaglia di Legnano ritardò per sette secoli il processo di costituzione di uno Stato nazionale in Italia: processo che iniziava a manifestarsi nei paesi cristiani contemporanei (vedi Francia ed Inghilterra) e del quale Federico I ne aveva colto il significato: quello di una “res publica” superiore agli interessi individuali. Quali allora le ragioni della sfida dei comuni “padani”: in fondo la sovranità imperiale era esercitata in termini tutt’altro che invasivi. Entrando nel merito della conferenza del prof. Barbero si rileva come nel XII secolo le città lombarde erano così ricche, così sicure di sé che si erano abituate a governarsi come potenze autonome, facendosi la guerra a vicenda, mentre la debolezza degli imperatori ne aveva autorizzato qualcuna addirittura a battersi moneta. I lombardi erano fieri della loro libertà e di non riconoscere più l’autorità imperiale e le sue leggi. Qualcuno di loro, a dire il vero, aveva già cominciato ad accorgersi delle conseguenze catastrofiche di quella troppa libertà: erano gli abitanti delle piccole città come Como, Lodi, che rischiavano d’essere divorate dalle grandi, vedi Milano. Qui inserisco un breve break di attualità politica: provare a ragionare in termini di autonomia federativa ma saldamente agganciata ad un sistema di Istituzioni centralizzate con funzioni di garanzia e salvaguardia dal “prepotente” di turno: allora era Milano, oggi potrebbe essere la stessa Lodi per Maccastorna. Tornando all’analisi storica, molti lombardi in cuor loro, non erano poi così turbati dall’idea che l’imperatore rientrasse per imporre un po’ di ordine centralizzato nella pianura padana. Ma non i milanesi: loro sentivano di avere da guadagnare più di tutti dalla assenza di limiti e di leggi. Con la propaganda, con il denaro, con la forza convinsero molte altre città, alcune entusiaste ed altre riluttanti, a unirsi con loro in una Lega per tenere testa all’imperatore e far fallire il suo progetto accentratore. L’esito dello scontro a Legnano lo conosciamo: resta da chiedersi se sia stato un bene o un male per l’Italia che la costruzione di uno Stato nazionale avviata, in altri Paesi, dai colleghi del Barbarossa abbia dovuto attendere per realizzarsi fino al XIX secolo, cioè, con quel Risorgimento che avrebbe additato nell’imperatore tedesco come il peggiore dei tiranni.
Ironia della sorte vedi le “Istruzioni” allegate al testo delle Legge Casati su come terminare il secondo ciclo di studi della scuola elementare (dopo il 1861): ... l’origine della Real Casa di Savoia e N.B.! la proposizione della Lega Lombarda come mito fondatore della unità nazionale!! Concludo convinto che sopperire al rischio di uno sbandamento per mancanza di identità collettive, per i giovani e per alcune generazioni precedenti, rappresenta la sfida più importante che l’insegnamento e l’uso della ricostruzione storica deve e soprattutto dovrà affrontare nel prossimo futuro. Abbiamo sicuramente bisogno del nostro passato e di identità nelle quali affondare le nostre radici: facciamolo senza demagogia, ma con onestà e trasparenza intellettuale.
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