Resistenza, non si placa la polemica.
Rassegna stampa.
Sulla questione Il Cittadino pubblica anche una lettera del sindaco di Lodi Lorenzo Guerini.
Nessuna volontà di esclusione.
Egregio Direttore, leggo oggi sul quotidiano da Lei diretto, all’interno di un articolo sulla manifestazione del 22 agosto sull’eccidio dei Martiri del Poligono, un’affermazione dell’Assessore provinciale Elena Maiocchi che necessita di una precisazione. Secondo l’Assessore, il Comune di Lodi avrebbe compiuto «una grave dimenticanza» perché nel corso della manifestazione l’Assessore stesso non è stato invitato «ad esprimere nemmeno un indirizzo di saluto».
Al proposito vorrei precisare che non si tratta di una «dimenticanza » ma di quanto si è sempre fatto nel corso degli anni in questa manifestazione che, dopo la celebrazione della S. Messa, prevede due discorsi celebrativi da parte del Sindaco di Lodi (o in sua sostituzione di un Assessore) e di un rappresentante dell’Anpi, anche per non sottoporre i tanti che partecipano alla manifestazione alla “fatica” di ascoltare troppi discorsi in un mese particolarmente caldo...
Così si fa da anni (da Presidente della Provincia dal 1995 al 2003 ho partecipato a queste celebrazioni senza mai prendere la parola, così come ha fatto il presidente Felissari dal 2004 al 2008) senza che questo abbia mai destato alcuna rimostranza. Nessuna volontà politica, quindi, di escludere nessuno: anzi chi mi conosce sa che a tali questioni sono molto attento perché ritengo che la collaborazione tra le Istituzioni sia un valore importante da far vivere nella quotidianità della vita civile del nostro territorio che non deve mai essere messo in discussione per difformità di appartenenze politiche.
Spero di aver chiarito all’Assessore Maiocchi, a cui vanno i miei migliori auguri di buon lavoro, la posizione dell’Amministrazione Comunale di Lodi.
Grazie, caro Direttore, dell’ospitalità che ancora una volta mi viene concessa sul Suo giornale.
Con viva cordialità.
Sulla questione Il Cittadino ospita anche una lettera di Annamaria Cecchi.
Luoghi comuni su una tragica fase storica.
Ancora una volta esponenti di una Giunta democraticamente eletta, quella Provinciale, danno giudizi positivi sul Fascismo, fenomeno storico sicuramente complesso e pieno di luci ed ombre, ma inevitabilmente negativo sotto ogni punto di vista!
L’affermazione di Nancy Capezzera sul fatto che «il Fascismo non è il male assoluto. Ha fatto anche cose positive per il Paese, in particolare sul fronte sociale» risente di un clima falsamente revisiononistico molto in voga in questi ultimi anni, tendente a riscrivere la storia a proprio uso e consumo. Dopo anni nei quali la storiografia ufficiale è stata egemonizzata da una parte della Sinistra, che ha proposto una visione unicamente positiva della Resistenza, negli ultimi vent’anni storici come Renzo De Felice, Antonio Caracciolo o giornalisti come Gianpaolo Pansa hanno analizzato fenomeni come il Fascismo e la Resistenza, mettendone in luce la complessità e l’articolarità.
In particolare, lo storico Renzo De Felice, a torto accusato di revisionismo, fin dai tempi del suo contributo alla monumentale Storia d’Italia, edita da Einaudi, ha analizzato il Fascismo nei suoi molteplici aspetti, politico, economico e sociale dalle sue origini dalle origini al periodo del suo massimo sviluppo fino al disastroso tramonto. Dai suoi scritti si evince che il Fascismo, nato principalmente dalla spinta di gruppi economici del Nord, sviluppò la sua dottrina sociale come una sorta di prezzo da pagare per la sua accettazione in larghi strati della popolazione.
L’enorme apparato assistenzialistico sociale messo in piedi dal Fascismo tendeva, almeno nei primi tempi, a creare quella sorta di consenso sociale che ha caratterizzato le dittature nazifasciste in Europa negli anni Venti e Trenta. Anche il Nazismo di Hitler creò un formidabile
apparato di consenso, costruito sulla rinascita industriale della Germania, sulla creazione di ospedali, asili e scuole per i ceti popolari, colonie estive per garantire a tutti un periodo di vacanza e la diffusione di una automobile accessibile a tutti.
Ritornando alla storia italiana, la ricerca del consenso sociale non riuscì comunque a far penetrare l’idea del Fascismo nei ceti operai nonostante i tentativi intimidatori operati dalle Corporazioni sindacali fasciste, ceti operai da cui proverranno in gran parte gli uomini della Resistenza.
Come sappiamo, gli anni della guerra, della caduta del Fascismo e della Repubblica di Salò sono stati caratterizzati, oltre che dal crollo dell’ideologia fascista e del suo cosiddetto consenso sociale, dal crollo di tutti i valori morali dell’Italia, che si è trovata a fine conflitto un Paese distrutto e lacerato. A chi va imputato ciò? A quella «banda di criminali che per vent’anni ha governato il Paese» (Pasolini). Se il Fascismo non è stato il male assoluto, il Presidente della Camera, onorevole Fini, ha torto marcio!
Saranno pure fuori tempo le parole di Alboni, che ha parlato in riferimento all’attualità di «rozzi cultori di una assurda politica di discriminazione razziale» e di «nuovi lanzichenecchi al potere», ma mi pare che riflettano bene lo stato d’animo di molti Italiani, compresa parte della Chiesa cattolica, nei confronti di un Governo che mostra tratti autoritari, discriminatori e razzisti.
Per concludere, assessore Capezzera si rilegga la storiografia in merito e rifletta maggiormente sugli «anni bui» che stiamo vivendo noi Italiani, nauseati dal populismo berlusconiano al potere in Italia, e in futuro eviti le solite affermazioni banali e piene di luoghi comuni su quel tragico periodo storico.
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