Esame di maturità per le reti sociali che proliferano su Internet.
Terre d’incontro o piazze senza regole: i «social network» al bivio decisivo.
Rassegna stampa.
Se non sai usare i social network, come Facebook e Twitter, o non hai confidenza con un motore di ricerca, corri un grosso rischio: essere tagliato fuori dalla società.
Questa opinione, che si va sempre più diffondendo, è ora accreditata anche dalle preoccupazioni espresse da Viviane Reding, Commissario per i Media e la Società dell’informazione dell’Unione Europea, che invita gli Stati membri e l’industria a sensibilizzare maggiormente il pubblico educandolo sul funzionamento e sull’utilità di tali nuovi strumenti di comunicazione. Tutto vero. Il fascino del social networking è forte; con la sua facilità d’uso ti consente di creare relazioni, gestire e 'respingere' amicizie, partecipare a discussioni, promuovere idee e prodotti, sostenere campagne elettorali e movimenti di opinione; insomma, di «rimanere in contatto con le persone della tua vita» , come si legge nella pagina di apertura di Facebook. Ma anche di perdere tanto tempo.
È stata questa la valutazione che ha portato Bill Gates, uno che di innovazione se ne intende, a cancellarsi da Facebook, dando così una mano autorevole a quanti rifiutano di pensare che la vita possa essere monopolizzata dai social network.
Ben vengano allora tutti quei programmi che hanno la finalità di educare a un uso accorto e consapevole di questo straordinario strumento. Anche perché non passa giorno che la cronaca non ci mostri i molteplici rischi e i danni connessi a un suo uso superficiale o irresponsabile.
Soltanto negli ultimi giorni registriamo almeno questi tre fatti. Leggiamo che il ministero tedesco per la difesa dei consumatori ha anticipato alcuni contenuti di una ricerca dalla quale emerge che sono sempre più numerose le imprese (sino al 50% di quelle con oltre mille dipendenti) che ricercano su Internet informazioni su gusti e preferenze dei candidati a un posto di lavoro. E quattro volte su cinque queste informazioni vengono prese prima di chiamare il candidato a un colloquio.
Qualche volta le aziende, assunte le opportune informazioni curiosando tra interessi, hobby e opinioni personali sui social network, decidono di soprassedere. Occorre fare attenzione allora a cosa pubblicare in rete, perché ci può andare di mezzo anche la nostra carriera.
Altra notizia. Alcuni studenti, appena ottenuta la licenza media, hanno deciso di aprire un gruppo di discussione su Facebook dove sembra si siano lanciati in commenti poco edificanti su una loro insegnante che, informata da una amica, li ha denunciati per diffamazione. «Non pensavamo di fare qualcosa di illegale, tutti parlano male dei loro insegnanti» , hanno commentato i ragazzi. Perché non crederci?
Questa visione mette in luce, del resto, uno dei rischi più gravi che si vanno diffondendo; considerare quello del social network come un mondo a sé, un luogo virtuale dove regnano diritti di 'extraterritorialità' che mettono in ibernazione le regole del vivere civile e del rispetto delle persone. Sulla rete così ci si può permettere di tutto; le sue piazze diventano territorio del 'tutto è possibile', una specie di «teatro di maschere» , come l’ha chiamato il sociologo Ilvo Diamanti, dove il confine tra comunicazione ed esperienza svanisce in « un mondo di relazioni senza empatia». Ma la rete non può essere luogo di 'immunità'. Intanto però i social network diventano anche strumento per offendere e luogo per ospitare iniziative che rinforzano sentimenti e atteggiamenti 'contro' il rispetto dei più elementari diritti umani.
Come si fa allora a non condividere l’invito del Commissario europeo a lavorare in modo tale da mettere i cittadini «in condizioni di utilizzare i media con competenza e creatività»? È fuori dubbio che questo «sarebbe un passo avanti verso una nuova generazione di partecipazione democratica» , purché non si dimentichi che i social network vanno utilizzati, prima di tutto, «con responsabilità».
Dalla Ue l’appello a Stati e imprenditori per sensibilizzare gli utenti e renderli più responsabili Ma chi l’ascolterà?
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