Sappiamo ancora educare? Questa domanda è affiorata nei commenti di tre persone che, nella prima mattina di domenica, hanno pulito i cocci di vetro presumibilmente alcune bottigliette di birra rotte da un gruppetto di ragazzi la sera prima sul sagrato della chiesa. Sarebbe troppo semplicistico colpevolizzare solo i ragazzi che hanno compiuto questo sconsiderato gesto, col rischio e pericolo di arrecare danno a chi transitava sul sagrato. Ultimo di una serie di tanti episodi verificatesi in paese, come panchine rovesciate, rotte, arbusti strappati, rifiuti tolti dagli appositi cestini e sparsi in giro, canali dei pluviali schiacciati se non divelti, cartelli stradali girati dalla parte opposta, ecc, ecc. Il tutto fatto per spavalderia o per affermare un ego di gruppo, incurante o inconsapevole dei disagi, se non dei danni arrecati alla comunità. È solo colpa di questi ragazzi o ci sono altre responsabilità? A partire dai genitori, magari, che si trovano a dover combattere coi numerosi modelli imposti dai media e che faticano, se non desistono, a proporre suggerimenti o schemi di valenza morale per crescere nella giusta direzione i figli; e magari con la solita scusante di comodo: che ci vuoi fare, sono ragazzi. Alla scuola, che sembra diventata un parcheggio per tenere assieme i ragazzi, con tanta nozionistica, ma non prevede l’educazione nel senso di maturazione e di crescita dei ragazzi; dove il soggetto si forma prima ancora della cultura, a contatto degli altri. Tanto da rendere esclusi coloro che non sanno rendere bene. E così, scuola e famiglia, non riescono più a educare se non vi è una trasmissione di valori e di relazioni che costituisce il patrimonio di crescita di una persona. Stando così le cose, è necessario ricreare quelle regole basilari, a partire dalla famiglia e da una scuola, che sappiano si proporre limiti, ma offrano anche un nuovo modo di relazione dove il ragazzo possa avere modelli reali su cui confrontarsi; e non solo quelli proposti dai canali mediatici. Un modello che lo renda più consapevole con se stesso, con gli altri, capace di buone relazioni, e non lasciato per strada, a cavarsela da solo, tra i cocci di una qualsiasi bottiglia.
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lunedì 19 ottobre 2009
Sappiamo ancora educare?
Un atto sconsiderato compiuto sul sagrato della chiesa.
Sappiamo ancora educare? Questa domanda è affiorata nei commenti di tre persone che, nella prima mattina di domenica, hanno pulito i cocci di vetro presumibilmente alcune bottigliette di birra rotte da un gruppetto di ragazzi la sera prima sul sagrato della chiesa. Sarebbe troppo semplicistico colpevolizzare solo i ragazzi che hanno compiuto questo sconsiderato gesto, col rischio e pericolo di arrecare danno a chi transitava sul sagrato. Ultimo di una serie di tanti episodi verificatesi in paese, come panchine rovesciate, rotte, arbusti strappati, rifiuti tolti dagli appositi cestini e sparsi in giro, canali dei pluviali schiacciati se non divelti, cartelli stradali girati dalla parte opposta, ecc, ecc. Il tutto fatto per spavalderia o per affermare un ego di gruppo, incurante o inconsapevole dei disagi, se non dei danni arrecati alla comunità. È solo colpa di questi ragazzi o ci sono altre responsabilità? A partire dai genitori, magari, che si trovano a dover combattere coi numerosi modelli imposti dai media e che faticano, se non desistono, a proporre suggerimenti o schemi di valenza morale per crescere nella giusta direzione i figli; e magari con la solita scusante di comodo: che ci vuoi fare, sono ragazzi. Alla scuola, che sembra diventata un parcheggio per tenere assieme i ragazzi, con tanta nozionistica, ma non prevede l’educazione nel senso di maturazione e di crescita dei ragazzi; dove il soggetto si forma prima ancora della cultura, a contatto degli altri. Tanto da rendere esclusi coloro che non sanno rendere bene. E così, scuola e famiglia, non riescono più a educare se non vi è una trasmissione di valori e di relazioni che costituisce il patrimonio di crescita di una persona. Stando così le cose, è necessario ricreare quelle regole basilari, a partire dalla famiglia e da una scuola, che sappiano si proporre limiti, ma offrano anche un nuovo modo di relazione dove il ragazzo possa avere modelli reali su cui confrontarsi; e non solo quelli proposti dai canali mediatici. Un modello che lo renda più consapevole con se stesso, con gli altri, capace di buone relazioni, e non lasciato per strada, a cavarsela da solo, tra i cocci di una qualsiasi bottiglia.
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