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lunedì 31 agosto 2009

Il complotto

Questa mattina diamo ancora spazio all'armageddon mediatico iniziato dal foglio di Feltri con due articoli che riprendiamo da Repubblica.it. Il primo, di Alberto Custodero, riassume la situazione e le prossime contromisure attuate da parte del mondo politico. Il secondo, di Zita Dazzi, mette in luce quello che ormai si può definire un complotto contro Avvenire.
I Democratici sulla "nota informativa": "Se qualcuno ce l'ha, lo tiri fuori".
Berlusconi: "In questi giorni mai avuto alcuna telefonata col direttore".
Il Pd: "Il caso in Parlamento".
Copasir: "Vigileremo sui servizi".


Roma - È scontro sulla "velina" sul direttore dell'Avvenire, Dino Boffo, pubblicata da Vittorio Feltri sul Giornale. Il Pd chiede che il caso si affronti in Parlamento mentre il Copasir, l'organo di controllo sugli 007, assicura che "vigilerà sul corretto funzionamento dei servizi in questo momento delicato della vita democratica". Feltri, intanto, dopo la rivelazione di Repubblica di ieri - la "nota informativa" citata dal Giornale non è contenuta nelle carte giudiziarie del Tribunale di Terni - è investito da una bufera di accuse. Ed è costretto a smentirsi fino quasi a negare l'esistenza della "nota informativa" citata per ben tre volte nell'inchiesta del Giornale nella quale Boffo viene definito "noto omosessuale già attenzionato dalla polizia di Stato per questo genere di frequentazioni...".
Emanuele Fiano, deputato pd e membro del Copasir, lo sfida: "Se ha quel documento, lo tiri fuori. Così vedremo da chi è firmato". È dunque ora il direttore del Giornale a doversi giustificare per rispondere alla domanda che da più parti gli viene posta: "Dove ha preso quella "nota informativa"?".
"Non ho mai parlato di schedature o informative giudiziarie - si difende ora Feltri - e il Viminale non c'entra in alcun modo. Abbiamo un documento che prova un fatto (il patteggiamento di Boffo, non i riferimenti alla sua vita privata, ndr), il resto non conta. Non conta da chi l'abbiamo avuto, non conta se ci sono errori perché non è un testo di diritto. Anche se i termini fossero impropri, i fatti sono questi e se qualcuno è in grado di smentirli lo faccia". Ma l'articolo del Giornale di venerdì parlava invece proprio di una "nota informativa che accompagna e spiega il rinvio a giudizio del direttore di Avvenire disposto dal Gip".
D'altronde è proprio in quella nota che sono contenute le frasi più gravi su Boffo definito "un noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia per questo genere di frequentazioni". Negli atti giudiziari del resto non si fa nessun accenno alla vita privata di Boffo: quindi non è affatto irrilevante come sostiene oggi il direttore del Giornale, da dove provenga e che attendibilità abbia il documento su cui ha fondato la sua azione di killeraggio. Feltri nega, poi, di essersi recato a Palazzo Chigi dopo la sua nomina al Giornale.
"Non vado a Roma da 4 mesi - dichiara - non sono stato a Palazzo Chigi, né a Palazzo Grazioli. L'unico che ho sentito, venerdì scorso, è stato Gianni Letta. Voleva avere notizie dell'articolo. Ma erano le 23,30, e il Giornale era già in stampa". Berlusconi sostiene "di non aver mai avuto in questi giorni alcuna conversazione telefonica" col direttore del giornale di famiglia.
Ma la sua risposta non placa le polemiche politiche. "Quelle contro Boffo, ma anche altre allusioni minacciose - commenta il senatore pd Luigi Zanda - hanno le stesse caratteristiche delle "veline" che, in anni recenti e passati, hanno inquinato l'aria della nostra Repubblica". Mentre il deputato europeo leghista Matteo Salvini ammette che "il caso Boffo potrebbe essere un avvertimento alla gerarchia ecclesiastica", anche il capogruppo pd all'Antimafia, Laura Garavini, chiede chiarezza: "C'è un inquietante sospetto che grava sul governo, che a questo punto deve fare al più presto chiarezza in questa bruttissima vicenda".
A proposito di presunte schedature di omosessuali da parte del Viminale Boffo ha fatto sapere di aver ricevuto una telefonata dal ministro dell'Interno. "Maroni mi ha assicurato che quell'«informativa» non esce dall'apparato della pubblica sicurezza".

Una copia del certificato del casellario giudiziale del direttore di Avvenire
con un secondo foglio: "Riscontro a rischiesta di informativa di sua Eccellenza".
Boffo, la "velina" anonima arrivò a tutti i vescovi.
Il primo a rivelare di aver cestinato la lettera è stato Betori a Firenze.


Milano - Una fotocopia del certificato del casellario giudiziale del direttore di Avvenire, Dino Boffo. E, attaccato con una graffetta, un secondo foglio, dattiloscritto, non firmato e compilato in un italiano malfermo, dal titolo elusivo: "Riscontro a richiesta di informativa di sua Eccellenza". In queste due pagine, arrivate oltre due mesi fa sulle scrivanie di tutti i vescovi italiani, era scritta la storia che in questi giorni il Giornale della famiglia Berlusconi ha sbattuto in prima pagina.
L'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, viene citato nel documento anonimo, come il cardinale Camillo Ruini e come il vescovo di Firenze Giuseppe Betori. Ed è proprio monsignor Betori a rivelare di aver cestinato quella lettera senza mittente e a scagliarsi contro i "fogli anonimi che circolano in questi giorni, assurti al rango di 'informativa'. Li ho sempre ritenuti - come ogni missiva anonima - degni del cestino della spazzatura, da cui provengono e devono tornare".
Della missiva si parlava da tempo negli ambienti ecclesiastici ed erano in molti a interrogarsi sulla provenienza di quel materiale imbarazzante e pieno di insinuazioni sul direttore del quotidiano della Cei. Nessuno aveva dubbi sul primo dei due fogli, visto che, pur essendo stata cancellata col pennarello la sede, c'era il timbro di una Procura della Repubblica e un estratto del casellario dal quale risulta il decreto penale del Tribunale di Terni a carico di Boffo. Ma sulla seconda pagina, gli alti prelati che l'hanno ricevuta, hanno visto l'ombra di una qualche burocrazia legata ai servizi segreti o di qualche nemico del giornalista nello stesso mondo cattolico.
È il linguaggio, poco giuridico, a tradire l'estensore del secondo foglio, ripreso senza alcuna modifica dall'articolo sul Giornale di Vittorio Feltri e citato come "nota informativa" in accompagnamento all'atto del giudice per le indagini preliminari. "Il Boffo è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni - si legge testualmente, con tanto di errori di ortografia - destinataria di telefonate sconcie e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo aveva una relazione omosessuale".
Le stesse parole dell'articolo che ha puntato l'indice contro il direttore di Avvenire, reo di aver espresso critiche nei confronti del presidente del Consiglio. I cardinali e i vescovi che hanno ricevuto la missiva anonima non hanno tenuto in nessun conto le altre notizie peccaminose che si leggono nel messaggio: "Il Boffo è un noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni e gode indubbiamente di alte protezioni, correità e coperture in sede ecclesiastica".
Il vescovo di Firenze Betori, amico di lunga data del direttore di Avvenire, non ha dubbi di fronte a quei veleni: "Quale sia la mia stima e fiducia nei confronti del dottor Boffo lo mostra la collaborazione con lui instaurata negli anni del mio servizio alla Cei".
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