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martedì 7 luglio 2009

Violate dalla riforma della scuola competenze regionali

Volevamo già parlarne. Cominciamo ora a farlo pubblicando da ItaliaOggi di oggi un articolo di Nicola Colajanni che ci evidenzia come la Corte costituzionale abbia bacchettato il governo sull’attuazione della riforma della scuola. L’articolo oggetto dei ricorsi era quello che in buona sostanza puntava alla chiusura dei piccoli plessi scolastici con meno di 50 alunni. Nella Conferenza Unificata del 28 gennaio scorso era stata concordata una modifica alle procedure di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, da concretizzarsi in una Intesa, che avrebbe dovuto sottoscriversi entro il 15 giugno, da parte di Governo, Regioni ed Enti locali, la quale doveva garantire il raggiungimento di un obiettivo di risparmio di 85 milioni di euro entro l’anno scolastico 2011/12. L’Anci dissentiva con il testo emerso a seguito degli incontri tecnici tra i rappresentanti di Regioni, ANCI, UPI, UNCEM e MIUR, in quanto i criteri contenuti modificavano aumentandoli in via generale, i compiti degli Enti locali, che devono farsi carico, con risorse proprie, di servizi essenziali non più garantiti centralmente. Per l’Anci deve essere infatti il sistema territoriale a concordare e pianificare gli interventi laddove necessari, senza procedere ad un dimensionamento generalizzato, garantendo ovunque la soddisfazione della domanda di istruzione. Inoltre in previsione dell’abrogazione del D.P.R. 233/98, successivamente alla sottoscrizione dell’Intesa, devono essere confermate le funzioni proprie degli enti locali, in particolar modo le competenze previste all’art. 4, comma 2 in materia di: “soppressione, istituzione, trasferimento di sedi, plessi, unità delle istituzioni scolastiche…”.
Il taglia-istituti è tutto da rifare.
Sul dimensionamento della rete violate le competenze regionali.
Rassegna stampa.

La sentenza n. 200 della Corte Costituzionale del 24 giugno pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 3 luglio 2009, sentenza pronunciata su ricorso di alcune regioni, era molto attesa perché da essa si attendevano le prime indicazioni riguardanti il processo di delegificazione avviato con l’art. 64 della legge 133/2008 e con cui il governo ha messo in atto la riforma della scuola.
La Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due punti specifici della legge: l’utilizzo del regolamento per definire «criteri, tempi e modalità per la determinazione e l’articolazione dell’azione di ridimensionamento della rete scolastica» (comma 4, lettera f bis) e l’attribuzione anche allo stato della possibilità di «prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti» in caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni (comma 4 lettera f ter). Molti dei ricorsi tendevano a collocare buona parte di queste materie nell’ambito della legislazione concorrente di carattere regionale e quindi non soggetta alla regolamentazione statale.
In primo luogo la sentenza compie un’ampia ricognizione delle materie che rientrano tra le norme generali per l’istruzione distinguendole da quelle che riguardano i principi fondamentali o i livelli essenziali delle prestazioni, tutte di competenza legislativa esclusiva statale, da quelle che riguardano la legislazione concorrente di competenza regionale tra cui si colloca quella riguardante il dimensionamento della rete scolastica. Il cui regolamento dovrà essere rivisto per il 2010/11.
In secondo luogo la Corte, premesso «che le disposizioni contenenti norme generali sull’istruzione possono legittimamente prevedere l’emanazione di regolamenti statali proprio perché adottati nell’ambito delle materie di competenza legislativa esclusiva dello stato, in conformità a quanto espressamente previsto dall’art. 117, sesto comma, Cost.», valuta tutte le materie elencate dalla lettera a) alla lettera f) del comma 4 dell’art. 64 della legge 133/08 come appartenenti all’area delle norme generali sull’istruzione e in quanto tali suscettibili di regolamentazione, anche avente carattere delegificante. La Corte in materia ha precisato che il legislatore «ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei criteri cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata». La Consulta ha individuato come materie non riferibili alle norme generali per l’istruzione e quindi di competenza regionale quelle di cui alle lettere f-bis) e f-ter) del medesimo comma 4 dell’art. 64 che nel dispositivo finale sono state considerate incostituzionali e di conseguenza abrogate.
Appartengono dunque all’area delle norme generali sull’istruzione delle materie elencate dalla lettera a) alla lettera f) dell’art. 64. La valutazione della corretta attuazione dei criteri e dei principi delegificanti la normativa attinente le norme generali sull’istruzione non è stata oggetto di una specifica valutazione. Né poteva esserlo in assenza dei regolamenti che l’attuavano né di un richiamo alla coerenza e legittimità del piano programmatico rispetto all’art. 64, da parte dei ricorsi regionali.
Tale valutazione dovrà essere eventualmente effettuata nell’esame dei successivi ricorsi sui regolamenti che potranno essere proposti, come precisa la stessa Corte, attraverso i Tar o le stesse regioni.
Non vi è dubbio che tali ricorsi potranno riguardare anche la norma introdotta con il comma 17 dell’art. 25 del decreto legge n. 78 con cui si modifica la modalità di previsione della scadenza della delega per l’adozione dei regolamenti di delegificazione già stabilita dall’art. 64, quarto comma in dodici mesi dall’entrata in vigore di quel decreto. Il decreto legge, riferendo il termine per la scadenza dell’adozione dei regolamenti come quello relativo alla prima lettura dei relativi schemi in sede di Consiglio dei ministri, ha di fatto abolito il termine della scadenza per la loro emanazione.

Per capire:
Rimangono di competenza dello stato i criteri riguardanti:
a) razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti;
b) ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali;
c) revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi;
d) rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica della scuola primaria ivi compresa la formazione professionale per il personale docente interessato ai processi di innovazione ordinamentale senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica;
e) revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA, finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi;
f) ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente normativa.
Avendo invece dichiarato la Corte l'incostituzionalità dei seguenti, la materia in essi contenuta è di pertinenza della legislazione concorrente regionale:
f-bis) definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e l’articolazione dell’azione di ridimensionamento della rete scolastica prevedendo, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, l’attivazione di servizi qualificati per la migliore fruizione dell’offerta formativa;
f-ter) nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti.

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