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mercoledì 8 luglio 2009

Il Lodigiano fatto cemento

Greta Boni, oggi su Il Cittadino, ci parla di una realtà lodigiana che tocchiamo con mano anche nel nostro piccolo. I dati in un rapporto presentato ieri a Milano dicono che da noi la trasformazione dei campi in cemento è stata una delle più veloci in Lombardia.
Il cemento si sta mangiando il Lodigiano.
Tra il 1999 e il 2007 scomparsi 1.700 ettari di terreno agricolo.
Rassegna stampa.

Sul territorio lodigiano, l’avanzata del cemento è stata fra le più spietate. Tra il 1999 e il 2007 sono scomparsi 1.692 ettari di terreno agricolo, in poche parole è come se scomparisse una città grande come Lodi e al suo posto ci fossero solo costruzioni. Nello stesso periodo, inoltre, l’urbanizzazione si è estesa per 1.330 ettari, raggiungendo nel 2007 i 9.800 ettari. La trasformazione dei campi è stata una delle più veloci di tutta la Lombardia, nel giro di un solo anno sono volati via 10,1 metri quadrati di suolo per abitante.
I dati emergono dal primo rapporto sui consumi di suolo presentato nella giornata di ieri a Milano dall’Osservatorio nazionale, costituito da Inu, Legambiente e Diap del Politecnico di Milano. Un quadro piuttosto inquietante, se si pensa che ogni giorno il cemento “mangia” 200mila metri quadrati - ovvero 20 ettari - di territorio nel bacino del Po. Come dire dodici volte la piazza del Duomo a Milano o ventotto volte piazza Maggiore a Bologna.
«Il dato ha una sua chiara e drammatica gravità, legata alla scomparsa definitiva delle terre più fertili e produttive d’Europa - afferma Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia -. Seguendo l’esempio della Germania della Merkel, l’Italia deve darsi un piano nazionale di lotta al consumo di suolo, per questo i numeri che descrivono la gravità del fenomeno sono indispensabili, sia per averne piena consapevolezza, sia per monitorare il raggiungimento di obiettivi di riduzione. La mancanza di dati attendibili sul consumo di suolo non giova a nessuno, se non a chi intende avere le mani libere per continuare a spalmare cemento sul territorio».
La Lombardia ha conquistato persino un primato, è la regione capofila nella produzione di valore aggiunto agrozootecnico, un settore che dipende strettamente dalla disponibilità di suolo agricolo. Nel periodo 1999-2006, la Lombardia ha perso 26.778 ettari di superfici agricole, oltre 22mila ettari sono stati persi irreversibilmente, il resto è stato abbandonato perché situato in aree montane o perché ridotto a scampoli dove l’interesse a coltivare terreni è crollato. Il risultato è quello di una regione in cui 288mila ettari di superficie sono ormai “sigillati” dall’urbanizzazione, questo significa che quasi il 14 per cento dell’intera superficie è urbanizzata ma, se ci riferiamo alle superfici della pianura (circa il 55 per cento del territorio regionale), la Lombardia ha già consumato e coperto di cemento quasi un quarto dei suoi territori ad alta vocazione agricola. Il problema più grande sembra essere quello di trovare regole comuni che facciano da parametri di riferimento. E che permettano di poter confrontare i numeri raccolti dalle diverse istituzioni. La Provincia di Lodi, nel corso del mandato di Osvaldo Felissari, aveva lanciato una proposta per limitare la corsa forsennata del cemento e per mettere in campo un monitoraggio della situazione.
«Rimettere al centro delle politiche urbanistiche la “questione suolo” con tutte le implicazioni sul piano ambientale e sociale che essa impone - dichiara Paolo Pileri del Politecnico di Milano - è oggi urgente, perché ha a che fare con la vita di tutti noi e con la qualità di questa vita nei luoghi in cui viviamo. Il suolo è un bene comune sul quale occorre una politica saggia e lungimirante che non può essere quella attuale, peraltro basata sulla quasi totale non conoscenza di quali e quanti suoli si consumano e dove».

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