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domenica 5 luglio 2009

Il Lodigiano dei veleni

Le aziende da tenere sotto controllo e vicende di degrado ambientale.
Rassegna stampa - Articoli tratti da Il Giorno.

Ci sono aziende in attività, che devono essere tenute sotto osservazione con piani speciali, per evitare incidenti e vecchie aziende, chiuse magari da qualche anno, che finita l’attività lasciano in eredità ai cittadini costose bonifiche ambientali. Il primo caso, riguarda il rischio di incidenti industriali «rilevanti», come li definisce una direttiva europea chiamata Seveso, nata proprio dopo il disastro della diossina del 1976. Nel Lodigiano sono poche le aziende che sono censite dalla Regione in questa categoria, per le quali sono in vigore rigidi piani di sicurezza e meccanismi di controllo severi. Si tratta di quattro diversi impianti: la Euticals di Lodi, con i suoi macchinari per la produzione di sostanze chimiche destinate all’industria farmaceutica. Questo è l’unico stabilimento «a rischio» del capoluogo. Ma alle porte di Lodi, altre due aziende fanno sentire la loro presenza. C’è la Viscolube, di Pieve Fissiraga, che raffina e ricicla oli esausti rimettendoli sul mercato, ma c’è anche la Chong Kun Dang Italia Spa, che ha uno stabilimento chimico a Borgo San Giovanni, pochi chilometri più a ovest del capoluogo della Provincia. Per il rischio dovuto alla presenza di impianti petroliferi e chimici, categoria specifica della direttiva Seveso, anche un’altra azienda è una «sorvegliata speciale». Si tratta della Mariani Petroli Srl di Cavacurta. Incidenti rilevanti, però, non se ne sono mai registrati negli ultimi tempi.
A fronte dei piani per controllare le aziende attive, ci vogliono invece milioni di euro per «ripulire» da sostanze chimiche pericolose i terreni su cui sorgono o sorgevano impianti che hanno cessato l’attività. Sono ventitré i siti destinati a bonifica che l’Arpa di Lodi ha censito. Soldi che nessun comune potrebbe avere in bilancio e che anche la Regione fatica a trovare. In città da bonificare c’è l’ex Sael di via Secondo Cremonesi. Ci sono poi gli ex distributori Esso e Agip, ma anche la Polenghi. Lavori di bonifica sono in corso per gli ex depositi di carburante alla centrale di Tavazzano. Siti Eni da ripulire si trovano a Cavenago e Pieve Fissiraga. A Tavazzano, bonifica necessaria anche all’ex Elettrochimica solfuri di via Lodi Vecchio. Ma inquinate e da ripulire ci sarebbero anche alcune rogge. Da Mulazzano a Quartiano, passando anche per la cascina Isolone di San Rocco al Porto. Tanti volti di diversi stabilimenti che hanno, negli anni, portato lavoro e ricchezza a diverse famiglie, ma che, col trasferimento o la chiusura degli impianti hanno lasciato pesanti eredità ambientali da gestire.
Di uno di questi ci racconta Pietro Troianello.
L’era post industriale a Codogno è coronata di spine: servono bonifiche a 360 gradi per diverse aree che hanno ospitato in particolar modo aziende chimico-farmaceutiche, ma si prevedono anche affari d’oro nel comparto immobiliare. Insomma un mix di dolori e gioie per la Giunta guidata dal sindaco Emanuele Dossena impegnata a controllare la perfetta riuscita degli interventi di riqualificazione ambientale, ma anche pronta ad aprire i forzieri del municipio per incamerare oneri di urbanizzazioni e altri fondi. In quest’ultimo periodo in città primeggiano le vicende della Hexion (ex Bachelite) e del suo stabilimento a ridosso della stazione, specializzato nella produzione di resine, in esercizio fino al 2005-2006. Poi di punto in bianco niente più lavoro per 32 dipendenti, ma anche l’obbligo di mettere mano alle bonifiche; operazione tutt’altro che agevole per le differenti valutazioni tra gli accertamenti eseguiti dai tecnici dell’Arpa (l’Agenzia regionale per l’ambiente) e la documentazione presentata dalla proprietà. Sotto la ex fabbrica di resine, i carotaggi dell’Arpa hanno individuato veleni pesanti mentre l’azienda ha messo sul tavolo documenti e relazioni più rassicuranti. C’è stato un primo confronto nel febbraio dell’anno scorso. Ora le analisi di rischio dovranno essere di nuovo sovrapposte nella conferenza di servizio fissata per il prossimo 23 luglio alle 10 con intervento della proprietà aziendale che ha sede a Solbiate Olona. Si tratta di un approfondimento essenziale, come si sussurra nei corridoi di palazzo, perché la forbice tra le valutazioni dell’Arpa di Lodi e quelle dei periti di parte aziendale è molto forte. L’Arpa ha rilevato nell’area ex Hexion picchi di concentrazione di alcuni elementi chimici e insiste per individuare con esattezza i livelli di rischio.
Ma anche quest’area sembra già avere una vocazione residenziale, così come accade per la ex Felisi, storica azienda codognese per la quale già sono state presentate proposte di riconversione anche con la allettante prospettiva di realizzare, oltre ad un mega complesso residenziali un teatro-auditorium ad uso collettivo. Le sollecitazioni a procedere con la massima cautela in termini di riconversione industriale sono state rilanciate di recente da una lettera «anonima» recapitata ai carabinieri e alle istituzioni. I mittenti che si sono qualificati come ex lavoratori della Felisi e della Gallay-Mauser (altra ex azienda chimica localizzata al confine tra Codogno e la frazione Retegno di Fombio) hanno denunciato la presenza di sostanze nocive nelle ex aree produttive. Le querelle ha creato parecchia fibrillazione, ha fatto scattare un sopralluogo degli esperti del Noe che a quanto risulta non averebbero riscontrato particolari emergenze. Nell’occhio del ciclone resta anche l’ex Fardeco, azienda farmaceutica, attestata al quartiere San Biagio.
Di altre soluzioni all’italiana per “pasticci ecologici” ci racconta un altro pezzo.
Nella Bassa Lodigiana ci sono due clamorosi esempi. La tangenziale di Fombio in esercizio dalla metà degli anni Settanta, è stata in parte realizzata sui fanghi industriali della ex Montedison (oggi Akzo Nobel): sotto i fanghi, e sopra il nastro d’asfalto.
A San Rocco al Porto in golena a ridosso del ponte stradale del Po (proprio quello che si è «inginocchiato» lo scorso 30 aprile) c’era una discarica di pattume al servizio di una decina di Comuni. L’impianto, oltre ai rischi ecologici, aveva un ulteriore «tallone d’Achille»: le ricorrenti esondazioni più volte hanno minacciato una vera e propria catastrofe ambientale. Dopo tante proposte e progetti sull’ex discarica, in località San Sisto, con il consenso dell’ex Consorzio del Lodigiano e della nuova Provincia è sorto un parco commerciale (10mila metri quadrati con 6 punti vendita), ma c’è chi ancora punta l’indice contro scelte troppo disinvolte.
L’ultimo articolo riferisce della ex discarica di Maleo, dove anche Brembio un tempo conferiva i rifiuti solidi urbani.
La «bomba ecologica» alla cascina Sessa di Maleo ha tenuto in scacco un’intera comunità di 3.500 abitanti per più di 20 anni, ma adesso tutto sta per finire come si augurano il sindaco Pietro Foroni e l’assessore Francesco Bergamaschi ai quali è toccata un’eredità pesantissima. All’inizio, quando un grappolo di comuni (compreso Codogno), scaricava il pattume domestico, in cascina Sessa c’era poco più di un «petardo». Le autorità sanitarie fissarono l’obbligo di procedere a bonifiche e coperture con strati di terra. Venne aperto anche un accanito contenzioso con l’Asm di Codogno poi costretta a sopportare i costi per i primi interventi di riqualificazione ambientale. La pattumiera iniziò comunque ad ingigantirsi: una collina di rifiuti in arrivo da un’utenza allargata a tutto il Lodigiano e successivamente anche a respiro interprovinciale. L’impianto, pur rimaneggiato con interventi di protezione del terreno sottostante, (strati di cellophan) venne chiuso, ma si presentò immediatamente il problema delle bonifiche per garantire la salvaguardia della salute pubblica e soprattutto la non contaminazione della falda.
Nella comunità di Maleo il dopo discarica ha lasciato molte amarezze e ha anche prosciugato il portafoglio pubblico (obbligo di raccogliere il percolato e di smaltirlo in centri di raccolta specializzati). La parola fine dovrebbe arrivare dalla esecuzione di un complesso e costosissimo progetto al quale la leadership di Foroni ha dato il proprio assenso. Le operazioni per mettere in sicurezza e bonificare oltre 500mila metri cubi di rifiuti vengono affidate alla ditta «Progesam Spa» di Milano. La spesa ammonta a 7 milioni e 125 mila euro. L’intervento viene eseguito con soluzioni d’avanguardia: immettere ossigeno nel terreno attraverso oltre 600 fori per inertizzare la montagna di pattume. Le tecniche di bonifica, pur sperimentate per la seconda volta in Italia, già consolidate da precedenti analoghi interventi in altri Paesi, non azzerano le obiezioni, mentre si presenta assai laborioso anche lo smaltimento del percolato. La conclusione è prevista per il 2010.

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