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martedì 3 novembre 2009

Via il crocefisso dalle aule scolastiche




No al crocifisso nelle aule scolastiche. La Corte europea dei diritti dell'uomo con sede a Strasburgo, esaminando il ricorso presentato dalla signora Soile Lautsi, di Abano Teme, ha stabilito che l'esposizione del crocifisso in classe "è contraria al diritto dei genitori di educare i figli in linea con le loro convinzioni e con il diritto dei bambini alla liberta' di religione". "La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastische - si legge nella sentenza dei giudici di Strasburgo - potrebbe essere facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione". Tutto questo, proseguono, "potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o che sono atei". Ancora, la Corte "non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo educativo che è essenziale per la conservazione di una 'società democratica' così come è stata concepita dalla Convenzione (europea dei diritti umani, ndr), un pluralismo che è riconosciuto dalla Corte costituzionale italiana". "L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni - concludono i giudici della Corte europea dei diritti umani - e il diritto dei bambini di credere o non credere. La Corte, all'unanimità, ha stabilito che c'è stata una violazione dell'articolo 2 del Protocollo 1 insieme all'articolo 9 della Convenzione".
Il ricorso a Strasburgo era stato presentato il 27 luglio del 2006 da Solie Lautsi, moglie finlandese di un cittadino italiano e madre di Dataico e Sami Albertin, rispettivamente 11 e 13 anni, che nel 2001-2002 frequentavano l'Istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre. Secondo la donna, l'esposizione del crocifisso sul muro è contraria ai principi del secolarismo cui voleva fossero educati i suoi figli. Dopo aver informato la scuola della sua posizione, la Lautsi, nel luglio del 2002, si è rivolta al Tar del Veneto, che nel gennaio del 2004 ha consentito che il ricorso presentato dalla donna venisse inviato alla Corte Costituzionale, i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo è quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale, che il 17 marzo del 2005 non ha accolto il ricorso della Lautsi, sostenendo che il crocifisso è il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identità del Paese, ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione. Di qui la decisione della donna di ricorrere alla Corte europea di Strasburgo. I sette giudici autori della sentenza sono: Francoise Tulkens (Belgio, presidente), Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajo' (Ungheria), e Isil Karakas (Turchia).
Il Vaticano esprime "rammarico e stupore" per la sentenza della Corte europea per i diritti umani di Strasburgo e lamenta il pesante intervento in una materia che attiene profondamente alla tradizione spirituale e culturale del nostro Paese. È quanto si legge in una dichiarazione diffusa nella serata di oggi da padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede. "Il Crocifisso - ha detto Lombardi - è stato sempre un segno di offerta di amore di Dio e di unione e accoglienza per tutta l'umanità. Dispiace che venga considerato come un segno di divisione, di esclusione o di limitazione della libertà. Non è questo, e non lo è nel sentire comune della nostra gente". "In particolare - ha aggiunto il portavoce vaticano - è grave voler emarginare dal mondo educativo un segno fondamentale dell'importanza dei valori religiosi nella storia e nella cultura italiana. La religione dà un contributo prezioso per la formazione e la crescita morale delle persone, ed è una componente essenziale della nostra civiltà. È sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa". "Stupisce poi - ha concluso padre Lombardi - che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente legata alla identità storica, culturale, spirituale del popolo italiano. Non è per questa via che si viene attratti ad amare e condividere di più l'idea europea, che come cattolici italiani abbiamo fortemente sostenuto fin dalle sue origini. Sembra che si voglia disconoscere il ruolo del cristianesimo nella formazione dell'identità europea, che invece è stato e rimane essenziale".
Di decisione che "suscita amarezza e non poche perplessità" parla la Cei. In una nota, la conferenza episcopale italiana spiega che "fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni, in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica. Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale". "Non si tiene conto del fatto che, in realtà - si legge ancora nel testo - nell'esperienza italiana l'esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come 'parte del patrimonio storico del popolo italiano', ribadito dal Concordato del 1984". (Adnkronos)
Silvio Berlusconi non potrà essere presente alla ripresa del processo milanese sui diritti tv di Mediaset. Tramite i suoi difensori ha presentato alla cancelleria della prima sezione penale del tribunale, un legittimo impedimento per il 16 novembre, data per la quale era stato fissato il riavvio del caso, dopo la lunga sospensione decisa dai giudici in attesa della decisione della consulta sul Lodo Alfano. Silvio Berlusconi intende partecipare direttamente a ogni udienza del processo sui diritti tv che lo vede tra gli imputati, sostiene la difesa del presidente del Consiglio nell'istanza presentata. Nella richiesta i legali del premier fanno, in particolare, riferimento alla sentenza con la quale la corte costituzionale ha bocciato il Lodo Alfano. Allegato all'istanza vi è anche il programma della conferenza mondiale indetta dalla Fao, appunto per il 16 novembre, durante la quale Berlusconi dovrà presiedere un convegno sulla sicurezza alimentare. (Adnkronos)
"Si doveva evitare che morisse. Uno Stato democratico assicura alla giustizia e può privare della libertà chi delinque ma nessuno può essere privato del diritto alla salute". Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano riferendo in Senato in merito al caso di Stefano Cucchi, il 31enne arrestato la sera del 15 ottobre scorso, perché trovato in possesso di stupefacenti, e poi deceduto all'ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre. In quella settimana la famiglia di Stefano non riuscì ad avere notizie del ragazzo. "Si è data applicazione - ha spiegato il ministro - all'accordo previsto dalle Asl secondo cui nessuna informazione può essere data a familiari e parenti senza l'autorizzazione del magistrato. Questo divieto può essere superato dall'autorizzazione firmata dal detenuto. Da quanto si evince dalla documentazione Stefano Cucchi ha firmato per non autorizzare alla diffusione delle informazioni sulle sue condizioni di salute ai familiari". Su questo caso la Procura indaga per omicidio preterintenzionale. "Sia chiaro che ai cittadini tutti e alla famiglia Cucchi in modo speciale dovrà essere fornito ogni dettaglio di verità con la garanzia che eventuali responsabili dell'evento saranno chiamati ad assumersi le proprie responsabilità senza sconto", ha assicurato il Guardasigilli. Alfano ha anche ricordato che sono due i grandi filoni dell'indagine della Procura: "Una riguarda le lesioni per accertare che siano accidentali o provocate e la loro eventuale efficienza causale rispetto alla morte. La seconda grande questione oggetto delle indagini è l'eventuale mancata alimentazione". "Secondo quanto riferito dal ministero delle Difesa - ha proseguito Alfano - la fase dell'arresto e quella della successiva perquisizione si sono svolte senza concitazione e senza particolari contatti fisici". Il Guardasigilli ha inoltre riferito che la morte, "purtroppo, recita il virgolettato dei sanitari, è sopraggiunta in maniera improvvisa e inaspettata". Il paziente, stando alle dichiarazioni dei sanitari, "si è mantenuto sempre lucido ed è stato in grado di decidere". Secondo quanto riferito dal ministero della Salute, inoltre, ha aggiunto Alfano, "hanno deontologicamente rispettato la volontà del paziente". "Il governo è in prima linea per accertare la verità - ha infine assicurato il ministro della Giustizia - sentiamo il dovere di impegnare tutte le energie per accertare chi, anche con comportamenti omissivi, abbia portato a questo tragico evento".
Da parte della famiglia, Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha commentato le parole di Alfano osservando, a proposito della mancata autorizzazione del ragazzo a dare informazioni sulle sue condizioni, che si aspetta "di vedere questo documento e la sua firma. Non ne sapevo niente". La donna ha quindi annunciato querela nei confronti dei medici del Pertini "per le voci diffuse sul conto di mio fratello". Quindi ha precisato che "mio fratello non era un tossicodipendente semmai un ex tossicodipendente che si stava riabilitando". "È assurdo pensare che con la schiena rotta, in quelle condizioni, Stefano Cucchi abbia firmato un documento simile" ha dichiarato il legale della famiglia, l'avvocato Fabio Anselmo ai microfoni di CNRmedia. "Se fosse anche vero, sarebbe stata necessaria una visita psichiatrica nei suoi confronti e i parenti dovevano essere comunque chiamati. Invito poi il personale dell'ospedale Pertini a ripensare a quanto dichiarato all'inizio di questa vicenda".
Intanto, l'ufficio di presidenza della Commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale ha deciso all'unanimità, nella seduta di oggi, di avviare un'indagine sull'appropriatezza e sulla qualità delle cure somministrate a Stefano Cucchi. (Adnkronos)
Scarpe verdi scontate del 15 per cento a chi è della Lega Nord: niente tessera di partito, basta dichiararsi 'simpatizzanti' alla cassa. A Schio, in provincia di Vicenza, l'iniziativa è in vigore da settimane in un frequentato negozio di articoli sportivi. Lo dice la sezione locale del partito e lo conferma il titolare del negozio, che però precisa: "Non c'è niente di politi­co, anzi se Bertinotti domani volesse farlo per i suoi stipuleremmo una convenzione anche con lui". Lo sconto al verde padano va però di traverso ai 'no global' alto vicentini, che sabato pomeriggio hanno boicottato il punto vendita accogliendo la clientela con striscioni, slogan e calzature verniciate dello stesso colore. "Lo sconto è tuttora in vigore - spiega Luca Croce, uno dei titolari del negozio protagonista dell'iniziativa, al Corriere del Veneto - è una convenzione che abbiamo fatto con la Lega, chi si dichiara simpatizzante ha una riduzione del 15 per cento su scarpe verdi da ginnastica e pantaloni delle tute, questi di qualsiasi tinta. Ma lo facciamo anche con associazioni sportive e palestre, per noi l'im­portante è richiamare clienti. Niente di politico, non avremmo alcun problema a convenzionarci con partiti della fazione opposta". L'altro giorno il punto vendita è stato preso di mira da un gruppo di ragazzi della sinistra radicale, appartenenti al centro autogestito Arcadia, di Schio: "Hanno messo degli striscioni sulla nostra vetrina, faremo denuncia ai carabinieri", ha annunciato Croce. (Adnkronos)
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