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sabato 5 settembre 2009

La Lega del dialogo

Lega Santa.
Don Bossi al lavoro per la Dc del Nord.
Il Senatur sfrutta le incomprensioni tra mondo cattolico e PdL per guadagnare voti e arginare l`Udc. Dimenticati dio Po e riti celtici, il Senatur la pensa come la Chiesa su bioetica e famiglia: «Il Vaticano non è contro di noi».
Rassegna stampa - Libero di oggi, Matteo Pandini.

"La Lega del dialogo" ha sparato la Padania di ieri per enfatizzare il colloquio di Umberto Bossi col presidente della Cei Angelo Bagnasco (e a cui va aggiunto il vertice con Cisl e Uil per i contratti territoriali).
In un'estate di tensione sull'asse Vaticano-Palazzo Chigi - tra escort e inviti alla sobrietà, immigrazione e respingimenti, veleni tra Avvenire e Giornale - il Carroccio tende la mano ai Sacri Palazzi, confermando un feeling antico. Testimoniato, per esempio, ad aprile. Quando Bossi e Calderoli, accompagnati da Giulio Tremonti e Aldo Brancher, incontrarono il patriarca di Venezia Angelo Scola. Parlarono di tutto. Di terremoto in Abruzzo ed economia.
E poi di tutela della famiglia, bioetica, federalismo. Sono lontani i tempi dei «vescovoni», come urlava il Senatur, o delle critiche al «Papa polacco» perché era meglio «il bergamasco» Roncalli (Umberto Bossi, estate 1997). O ancora, dei matrimoni con rito celtico e del dio Po.
Negli ultimi anni la Lega ha corretto il tiro. Prima ha fatto un tifo sfrenato per i crocifissi nelle scuole e per la tutela delle radici cristiane (invocate anche nella costituzione europea), poi è tornata a battere soprattutto sul federalismo. Un cambiamento di strategia che non ha raffreddato i rapporti, anzi. Su bioetica e tutela della famiglia la Lega ha mantenuto una posizione gradita dalla Santa Sede. E adesso Bossi vuole raccogliere i frutti, tanto da aver organizzato il vertice col presidente della Cei un secondo dopo la provocazione della Padania - «rivediamo il Concordato» - da cui il Senatur si era subito smarcato.
Nel vertice con Bagnasco, Umberto s`è travestito da agnellino, giurando di voler chiacchierare solo per aiutare Berlusconi e quindi il governo, ma sotto sotto tenta di gonfiare il portafoglio di voti approfittando della temperatura - decisamente freddina - tra ambienti cattolici e Cavaliere. Vuole i consensi in uscita dal PdL, il furbo Bossi, ma intende arginare pure l`avanzata dell`Udc che in alcune regioni guarda a sinistra. Zitto zitto, Pier Ferdinando Casini sta fermo e raccoglie i suffragi che gocciolano dalle mani del premier. «Ho scoperto che il Vaticano non ce l'ha con noi» ha spiegato il leader padano, annunciando di aver illustrato a Bagnasco «la detax, la possibilità di tassare le multinazionali per finanziare i paesi poveri». Bossi ha garantito anche un impegno sui temi etici.
La Padania ha smentito seccamente che nel colloquio si sia parlato di Dino Boffo, che ha lasciato Avvenire dopo le accuse de il Giornale berlusconiano. Quello che è certo è che la Lega era già intervenuta sull`argomento, con una telefonata di Maroni all`ormai ex direttore cattolico. Che poi lo ha ringraziato pubblicamente.
Il Senatur ha in testa un piano lucido. A marzo si vota. In palio tredici regioni. Almeno sette sono in bilico. Umberto vuole incrementare i consensi. Ha già rubato alla sinistra gli operai. Adesso prova a soffiare i cattolici ad alleati e centristi. Ha chiesto Lombardia e Veneto e Piemonte. Forse avrà Torino (è pronto il capogruppo alla Camera Roberto Cota). Difficilmente strapperà Palazzo Balbi a Giancarlo Galan, anche se sta facendo scaldare Flavio Tosi e Luca Zaia. L`impresa di spodestare il lombardo Roberto Formigoni, ciellino doc, è addirittura disperata.
Bossi ci spera lo stesso e ha preallertato big come Roberto Castelli e Roberto Maroni. Per insediarsi al Pirellone, il Senatur deve sperare in Antonio Tajani. Il vicepresidente della Commissione Europea (e responsabile dei Trasporti) non dovrebbe essere della partita, ma se invece dovesse correre per il Lazio libererebbe la sua poltrona per Formigoni. Che a sua volta lascerebbe vuoto lo scranno di governatore.
Inutile dire che siamo nel campo delle ipotesi. E per rimanerci segnaliamo la «scossa» che potrebbe arrivare dalla Consulta, in caso di bocciatura del lodo Alfano.
Si saprà il 6 ottobre. Se lo scudo per i processi al premier dovesse finire in fuorigioco, Berlusconi sarebbe costretto a stringere ancora di più il legame con Bossi. E, magari, potrebbe diventare più generoso in vista delle regionali. Ecco perché ad Arcore vogliono chiudere in fretta il puzzle delle candidature, che però non dovrebbero essere ufficializzate prima di gennaio febbraio. Ovvero dopo l`approvazione dei bilanci regionali, onde evitare terremoti nelle maggioranze dei governatori eventualmente esclusi dalla partita. Insomma, un bel pasticcio. Anche se il Senatur si è già mosso per studiare contromosse. Niente Lombardia e/o Veneto? Il centrodestra potrebbe candidare un padano in Emilia Romagna - dove il match è perso in partenza - e addirittura nelle Marche. Lì è pronto Luca Rodolfo Paolini. Deputato. Avvocato. Primo leghista eletto nella zona. La sfida è difficile ma non impossibile. Umberto non sta fermo. Ieri ha parlato di salari territoriali («la Cgil non li vuole? È centralista»). Nelle prossime settimane si attendono altre scintille tra alleati sulle regionali. I ciellini sono pronti a fare le barricate per difendere Formigoni. Già, i ciellini. «Don Giussani votò Lega» ha rivelato Calderoli l'anno scorso.
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