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lunedì 28 settembre 2009

Il caso dei «farabutti»

Il movimento dei farabutti.
Rassegna stampa - La Repubblica, Ilvo Diamanti, 28 settembre 2009.

Strani giorni. Chi avrebbe mai immaginato che l'opposizione, per trovare senso, parole e significato dovesse ispirarsi a Berlusconi? Non ci riferiamo a ieri. Perché è noto che i partiti di centrosinistra hanno da tempo imitato il modello espresso dal premier. Hanno abbandonato il territorio e la partecipazione per tuffarsi nei media e soprattutto nella tivù. In nome della personalizzazione e del marketing. Con risultati, fino ad oggi, modesti. Ci riferiamo, invece, a oggi: alla "nuova" opposizione dei nostri giorni. In larga parte "suggerita" e ispirata - proprio dall'esperienza politica di Berlusconi. Assistiamo, da un lato, al rovesciamento del meccanismo che ha tradotto il privato in un fatto pubblico. Politico. Fino a ieri: usato dal leader del PdL (prima, di FI) per coltivare consenso e fiducia. Oggi: dagli avversari politici contro di lui. Privato e pubblico, retroscena e ribalta. Tutt'uno. A flusso continuo. D'altro canto, il confronto politico si è spostato -totalmente - sui media. Che sono divenuti l'unico vero campo di battaglia politica. Tivù e stampa. Stampa e tivù. Giornali e tele-giornali. Opposti fra loro. Visto che le informazioni in tivù, in molte reti, sono filtrate. Con l'alibi di non sovrapporre pubblico e privato. Politica e gossip. Come se fossero cose diverse. Come se la ribalta e il retroscena fossero ambienti separati. (Come se le interviste "politiche" del premier non fossero ospitate da Chi e annunciate in copertina da foto di famiglia. Nonno Silvio insieme a figli, figlie e nipoti).
Da ciò l'ostilità di Berlusconi verso la stampa. E verso i giornalisti della carta stampata. In particolare (ma non solo) verso un giornale. La Repubblica (dei veleni). Che si trova, più che dalla parte dell'opposizione, a fare l'opposizione. Scavando nel privato-pubblico del premier. Il quale è bersaglio ma anche attore di ogni polemica. Che concorre a rilanciare e a moltiplicare. D'altronde, sarebbe difficile ricordare le precise, specifiche vicende che lo riguardano se non fosse per la sua determinata scelta di ribattere colpo su colpo. Anche perché in tivù quasi non se ne parla. Perché è Berlusconi a scrivere l'agenda politica. A determinarne i temi e il linguaggio. Senza, però, riuscire a controllarne sempre le conseguenze. Tanto che egli stesso contribuisce a promuovere l'opposizione. Non solo: ne suggerisce le esperienze e le novità. Dà loro nome e significato. È il caso dei "farabutti". Da cui il premier si sente circondato, "sulla stampa, in tivù e nella politica", come ha affermato a Porta a Porta. Farabutti. L'insulto si è trasformato subito in un segno di riconoscimento, per un numero crescente di persone. Che hanno affollato uno spazio appositamente dedicato dall`edizione online di Repubblica. Dove, un giorno dopo l'altro, migliaia di persone hanno inviato e continuano a inviare la propria foto. Al posto del nome, la scritta: farabutto. Esibita orgogliosamente come un marchio. Una sorta di movimento di opposizione cresciuto dentro a quello che il leader considera il principale soggetto di opposizione. Se scorriamo le pagine dell'album fotografico, in continua evoluzione ed espansione, possiamo cogliere alcune informazioni utili a definire il profilo, non solo fisiognomico, ma sociale, culturale e politico di questa popolazione. Senza pretese, ovviamente, di rigore scientifico. Ci sarà tempo per analisi più raffinate. Anzitutto, si tratta perlopiù di giovani. Spesso di giovanissimi. Accanto a molte persone adulte e di mezza età. Molto poche della mia generazione: "anziani" che si ostinano a definirsi giovani (non è il mio caso). Poi: vi sono molte donne. Anzi: più donne che uomini. I "farabutti" si presentano raramente da soli. Qualche volta in coppia, ma quasi sempre in gruppi più numerosi. A volte intere famiglie. Diverse generazioni riunite. Genitori, figli di età diverse. Qualche volta i nipoti. Questo fenomeno riflette diversi linguaggi e diversi tipi di azione. E all'incrocio fra il movimento e il social network. Fra i girotondi e Facebook. Tra la manifestazione di piazza e Twitter. Unito da un comune obiettivo: la libertà di informazione. Ma esprime, al tempo stesso, una domanda di opposizione. Aperta e condivisa. Orientata dal "mezzo" di cui si serve. La rete. Permette di esserci, di esprimersi, con la propria faccia, con il proprio gruppo di riferimento. Senza censure. I "farabutti", d'altronde, sono competenti nelle tecnologie della comunicazione. Sono quelli che navigano in internet, si scrivono per e-mail, chattano attraverso Messenger e si parlano con Skype. Quelli che propongono il loro profilo su Facebook, dove coltivano relazioni vecchie e nuove. Quelli che guardano Fazio, la Gabanelli, Floris e la Dandini. Quelli di (centro) sinistra. Lettori di Repubblica (e non solo). Una comunità specifica. Larga e stretta al tempo stesso. "Esuli". Del Pd, in cui faticano a riconoscersi. Di un paese nel quale stentano a sentirsi cittadini. Spaesati. Di incerta identità. Berlusconi ha contribuito a dar loro un nome. Farabutti. Un titolo - rivendicato con tono di sfida che alcuni perfezionano aggiungendo: "coglioni" (così, nel 2006, Berlusconi definì gli imprenditori intenzionati a votare per il centrosinistra). E altri ancora: "fannulloni" (gli statali, secondo Brunetta). E il meccanismo mimetico che produce nuove forme di opposizione. Inventate, in modo involontario, dalla maggioranza. Dal premier e dai suoi consiglieri. Che forniscono a molte persone, a molti giovani, parole d`ordine ma anche senso di appartenenza. L'identità che i partiti di sinistra non riescono più a offrire. Tanto meno a imporre.
Il che suona come avvertimento e ammonizione.
Senza identità, senza bandiere, senza parole da dire. Senza simboli da esibire e senza riti da celebrare. Senza faccia e senza nome. Senza identità. Un soggetto politico non può esistere. Così, ci pensa Berlusconi. E quelli che un tempo si chiamavano - o si dichiaravano - "compagni", oppure "amici", oggi si chiamano - e si dichiarano - "farabutti". Etimologicamente: pirati. Che sfidano l'onnipresenza del Pmm - Partito mediale di massa - e del suo leader. Trasformano gli insulti in segni di riconoscimento. Parole che rendono meno opprimente l'afasia dell'opposizione.
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