Il giudice di pace ritiene che gli stranieri che violino anche l’allontanamento vadano processati con la vecchia "Bossi-Fini". Reato di clandestinità: assolti in 5 su 6. Sanzione di 5mila euro all’unico che non era mai stato espulso.
Rassegna stampa - Il Cittadino, Carlo Catena, 25 settembre 2009.
Debutta con cinque assoluzioni “per non aver commesso il fatto” e una sola condanna, a 5mila euro di ammenda, il reato di clandestinità nella giurisdizione del tribunale di Lodi: ieri a Codogno la prima udienza, innanzi al giudice Giovanni Giuffrida, a carico di sei nordafricani che erano stati denunciati nel Basso Lodigiano tra il 10 e l’11 agosto, poche ore dopo l’entrata in vigore della norma. Nessuno degli stranieri si è presentato: in aula per loro gli avvocati d’ufficio Raimonda Aliu Mane, Valeria Tansini e Fabio Daprati, che dei loro assistiti, tutti contumaci, hanno potuto conoscere solamente gli atti d’accusa, tra i quali i decreti di citazione a giudizio del pm Delia Anibaldi della procura di Lodi. Tutte le parti si erano munite di manualetti interpretativi della nuova norma, e il pm Arturo Iacovacci e il giudice a loro volta erano reduci da un corso di aggiornamento sul “pacchetto sicurezza” tenutosi martedì presso il palazzo di giustizia di Milano.
Primi giudicati, un record storico di cui sicuramente avrebbero fatto a meno, E.A., 25 anni, egiziano, e A.M., 34 anni, marocchino, che erano stati fermato il 10 agosto dai carabinieri di Codogno nell’ambito di un’operazione mirata anche al controllo dei documenti degli stranieri, attuata con il supporto di militari del comando provinciale di Lodi. Sul banco dei testimoni i militari che avevano formalizzato la denuncia, ai quali il pm ha chiesto di chiarire se risultassero già destinatari di provvedimenti di espulsione. A risposta affermativa, la richiesta di non luogo a procedere. Il giudice, dopo quasi mezz’ora di camera di consiglio, ha quindi pronunciato sentenza di assoluzione. Processo identico quindi per i marocchini M.B., 24 anni, e J.A., di 25, anch’essi già formalmente espulsi in passato, e a loro volta assolti dal reato di clandestinità, e per A.F., 21 anni, egiziano. Ultimo al giudizio E.O.A., 22 anni, marocchino, che era stato sorpreso l’11 agosto da militari della tenenza di Casale della guardia di finanza in via Lever Gibbs, a Casale: non aveva mai ricevuto decreti di espulsione e quindi per lui si è applicata la nuova norma, l’articolo 10 bis della “Bossi-Fini” introdotto dalla legge 94 del 2009, con la pena minima della sanzione di 5mila euro, che difficilmente però un nullatenente, oltre che, al momento, irreperibile, potrà essere costretto a pagare. Per lui, come per tutti gli altri, la questura di Lodi ha comunque avviato le procedure del provvedimento di espulsione, che però solo in rari casi viene seguito dall’accompagnamento alla frontiera e dall’imbarco.
A spiegare le richieste di assoluzione del pm e la decisione del giudice sono gli avvocati: «L’articolo 10 bis è chiaro, almeno in questo – spiega Daprati -: la clandestinità è punibile “salvo che il fatto costituisca più grave reato”. E chi, in quanto clandestino, è anche inottemperante a un precedente ordine di espulsione, viola una norma che prevede sanzioni più gravi, cioè il carcere, già contenuta nella previgente Bossi – Fini. Ecco perché queste persone andrebbero processate per l’inottemperanza, che assorbe questo reato minore, e non per la semplice clandestinità».
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