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domenica 30 agosto 2009

Armageddon mediatico, trincee in montagna

Da l'Unità.it riprendiamo due commenti apparsi su due dei blog dei giornalisti del giornale: il primo tratto da "Invece" del direttore Concita De Gregorio, il secondo da "Nemici" di Giovanni Maria Bellu, entrambi datati ieri.

La guerra lercia.

Un assaggio della guerra che ci aspetta in autunno. Non sporca, lercia. La battaglia finale di un uomo malato, barricato nel delirio senile di onnipotenza che sta trascinando al collasso della democrazia un paese incapace di reagire: un uomo che ha comprato col denaro, nei decenni, cose e persone, magistrati, politici e giornalisti, che ha visto fiorire la sua impunità e i suoi affari dispensando come oppio l'illusione di un benessere collettivo mai realizzato. Dall'estero guardano all'Italia come un esempio di declino della democrazia, una dittatura plutocratica costruita a colpi di leggi su misura e di cavalli eletti senatori. Vent'anni di incultura televisiva - l'unico pane per milioni - hanno preparato il terreno. Demolita la scuola, la ricerca, il sapere. Distrutte l'etica e le regole. Alimentata la paura. Aggrediti i deboli.
È una povera Italia, un piccolo paese quello che assiste impotente all'assalto finale alle voci del dissenso condotto da un manipolo di body guard del premier armate di ministeri, di aziende e di giornali. L'ultimo assunto ha avuto il mandato di distruggere la reputazione del "nemico". Scovare tra le carte gentilmente messe a disposizione dei servizi segreti, controllati dal premier medesimo, dossier personali che raccontino di figli illegittimi e di amanti, di relazioni omosessuali, come se fosse interessante per qualcuno sapere cosa accade nella vita di un imprenditore, di un direttore di giornale, di un libero cittadino. Come se non ci fosse differenza tra il ruolo di un uomo pubblico, presidente del Consiglio, un uomo che del suo "romanzo popolare" di buon padre di famiglia ha fatto bandiera elettorale gabbando milioni di italiani e chi, finito di svolgere il suo lavoro, va a letto con chi vuole - maggiorenne, sì - in vacanza con chi crede. La battaglia d'autunno sarà questa: indurre gli italiani a pensare che non c'è differenza tra il sultano e i suoi sudditi, tra il caudillo e i suoi oppositori. Non è così: la parte sana di questo paese lo sa benissimo.
Un anno fa arrivavo in questo giornale scrivendo che avrei voluto diventasse "il nostro posto". Non immaginavo sarebbe stata una trincea di montagna. Mentre cresceva, l'Unità è stata oggetto di una campagna denigratoria portata avanti dal presidente del Consiglio e dai suoi alleati, da giornali compiacenti non solo - purtroppo - nel centrodestra. Anziché difendersi e reagire compatto il fronte dell'opposizione si è diviso in guerre fratricide. Mentre si alimentano i veleni e le calunnie su di noi i nostri lettori sono cresciuti, negli ultimi mesi, del 25 per cento, caso unico nel panorama editoriale. I cittadini ci sono: leggono, capiscono. Mentre l'aggressione diventava personale (scritte intimidatorie sotto casa, telefonate notturne, le nostre vite sotto scorta) ci venivano offerte da emissari dei poteri opachi videocassette e carte contenenti "le prove" di gesta erotiche dei nostri aggressori. Materiale schifoso, alcove filmate all'insaputa dei protagonisti. Naturalmente le abbiamo respinte. Il sesso tra adulti, di chi non lo baratti con seggi e presidenze, non ci interessa. Questo è quello che ci aspetta, però. Sappiatelo. Una guerra lercia.

Miserabile "scoop".

Una domanda ha tenuto impegnato il mondo politico e giornalistico per tutta la giornata di ieri: Vittorio Feltri ha eseguito un mandato o è andato oltre? Gli effetti del suo attacco a Dino Boffo, direttore di Avvenire, il quotidiano dei vescovi, farebbero propendere per la seconda ipotesi. La tela che Gianni Letta aveva pazientemente tessuto per settimane è stata lacerata nello spazio di un mattino. Silvio Berlusconi, che ne aveva estremo bisogno, non ha potuto avere la Perdonanza. La sua cena col cardinale Bertone è stata cancellata e, unica nota lieta, i soldi risparmiati sono stati destinati alle vittime del terremoto.
Fino alle 13,20 di ieri - quando una nota della sala stampa vaticana ne ha annunciato l'annullamento - la Cena della Perdonanza era considerata il punto d'arrivo di una trattativa nemmeno tanto segreta tra Berlusconi e le gerarchie vaticane. Queste ultime avrebbero messo definitivamente una pietra sopra le imbarazzanti gesta erotiche del premier che, in cambio, avrebbe dato ampie garanzie sulla conferma alla Camera dell'inutile legge sul testamento biologico approvata dal Senato prima dell'estate.
Il fatto che per suggellare l'accordo fosse stata scelta una ricorrenza piena di significati per la Chiesa aveva suscitato qualche perplessità negli ambienti cattolici. Ma proprio il cardinale Bertone aveva provveduto a edificare un argine invalicabile contro questa o qualunque altra obiezione chiarendo che le affermazioni di singoli uomini di Chiesa non vanno necessariamente attribuite al Papa.
Insomma, tutto sembrava andare per il meglio. E invece, ieri mattina, il quotidiano più vicino al premier, diretto da pochi giorni da un direttore scelto dal premier, tira fuori una notizia apparsa un anno fa su un settimanale di proprietà del premier, la rimpolpa con «informative» di fonte poliziesca oltre che giudiziaria, e accusa il direttore del quotidiano dei vescovi di essere un omosessuale e un molestatore.
Feltri è dunque andato oltre il mandato ricevuto? Non è detto. Nell'editoriale di presentazione del miserabile «scoop» ha tenuto a chiarire di aver pubblicato la notizia con «dispiacere». E di averlo fatto solo per dimostrare cosa può accadere quando la politica «si svilisce scadendo nel gossip». Che è, esattamente, quanto ha detto ieri il presidente del Consiglio.
L'ha fatto (mentre anche nella maggioranza si levavano voci indignate) con una dichiarazione di apparente «dissociazione» dove ha messo sullo stesso piano i suoi guai personali (e cioè la frequentazione di minorenni e le notti con le escort) e la storia raccontata dal Giornale. Trascurando, al pari di Feltri, che la vicenda attribuita al direttore di Avvenire è totalmente diversa. Si è trattato di un contrasto aspro tra persone adulte che si è concluso con un patteggiamento e con una multa. L'unico elemento di «scandalo» è l'attribuita omosessualità.
Negli anni Sessanta un servizio segreto, il Sifar, agiva più o meno allo stesso modo. Solo che, fortunatamente, non disponeva di organi di stampa.
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