Sceriffi male necessario?
Ma per favore…
Rassegna stampa – la recensione.
Come ormai tutti sappiamo l’ideologia securitaria è diventata una vera e propria tecnica di governo prossima a normalizzare l’emergenza. Un’emergenza quasi sempre costruita ad hoc dai media. Trattasi come abbiamo detto più volte su queste colonne, di un fenomeno pervasivo che coinvolge e mette in discussione l’idea stessa di democrazia e dei diritti fondamentali sui quali quest’ultima dovrebbe basarsi. Un fenomeno che tende ad assumere forme diverse a seconda dei contesti di riferimento. Cosicché se sul piano nazionale si utilizzano dispositivi giuridici come i decreti d’emergenza, sistematicamente tramutati in legge dopo qualche mese, sul piano locale il piano d’azione è quello delle ordinanze amministrative.
Con la legge 142 i sindaci avevano assunto già più poteri. Con la 125, il primo dispositivo securitario voluto da questo governo, si è andati a potenziare ulteriormente il potere dei sindaci i quali diventano dei veri e propri decisori autonomi in materia di sicurezza. Attraverso le ordinanze e l’uso della sanzione amministrativa è possibile perseguitare lavavetri, prostitute, costruire muri come avvenuto a Padova, punite direttamente e preventivamente tutte le condotte altrimenti non perseguibili penalmente. Una forma di governance territoriale che utilizza come protesi esecutiva e repressiva i vigili urbani.
Le ricerche sociologico-giuridiche in materia scarseggiano dal momento che trattasi di un fenomeno relativamente nuovo, solo qualche testo tra i quali vale la pena citare “L’amministrazione locale della paura”, a cura di Massimo Pavarini (Carocci, 2006), ma a quanto pare i giornalisti sembrano aver colto l’entità del problema. È il caso di Jacopo Tondelli, ex collaboratore del Riformista ora approdato al Corriere della Sera, il quale nel suo leggibilissimo e interessante “Sceriffi democratici” appena edito da Marsilio (pp. 173, euro 12,50) tenta di cartografare la geografia locale della paura amministrata dai sindaci e qualche presidente di Provincia soprattutto da Roma in su. In particolare Tondelli affronta e analizza le contraddizioni di Zanonato, Vincenzi, Domenici, Chiamparino e Penati, ex presidente della provincia di Milano. Attraverso interviste fatte ai diretti protagonisti dello “sceriffismo” imperante da cui sembra sottrarsi – seppure relativamente – solo Marta Vincenzi, l’autore riesce a tenere assieme le analisi biografiche dei diretti protagonisti con la narrazione dei fatti cittadini attraverso cui si sono resi protagonisti in questi ultimi anni. E così Zanonato appare ossessionato dalle “ragioni igieniche” e dai “cattivi odori” emanati dal ghetto di Via Anelli; Penati – ora in quota Bersani – dichiara candidamente di aprrezzare le politiche della Lega perché intercettano i bisogni della popolazione e cerca financo di imitarle nella logica, ma non nel risvolto razzista assunto negli ultimi anni (ma perché prima non lo erano?); Domenici mostra tutta la sua frustazione riversatasi poi a partire dal suo percorso politico contro i lavavetri – da extraparlamentare a convinto sostenitore delle istituzioni e da convinto sostenitore delle istituzioni a convinto sostenitore della polizia locale – e via dicendo. Certo, da questo libro mancano Cofferati e Veltroni, però il quadro empirico, nonché l’impianto politico di base, regge la posta. Ciononostante non si può essere d’accordo con Tondelli sulla sintesi politica del fenomeno da lui sapientemente analizzato perché anch’esso viziato da quelle stesse contraddizioni.
L’autore, infatti, scrive un libro sulle contraddizioni del Pd che governa o ha governato grandi città e province cavalcando l’ideologia securitaria, ma rimane del tutto prigioniero della logica secondo cui i crimini commessi dagli immigrati rendono de facto più insicure le nostre città (sciorina, non a caso, tutti i dati di Barbagli fin dalle prime pagine) e parla di “utopia foucaultiana” avallata dalla “sinistra radicale”. In poche parole riduce tutte le contraddizioni da lui stesso aperte e affrontate attraverso le sue inchieste nella banalissima logica secondo cui la sicurezza è “un male necessario”. Necessario per chi? Per la costruzione del consenso elettorale del Pd?
Questa tesi, d’altronde, è facilmente smontabile. A sud, molti amministratori o ex-amministratori di centro-sinistra, Napoli e Bari in primo luogo, hanno governato e governano bene i loro territori senza essersi mai fatti scudo con lo “sceriffismo” imperante e molti, proprio per questo, sono stati premiati dal loro elettorato. E allora perché non dire che gli amministratori del Pd sono anche loro ostaggio della Lega soprattutto al nord e che la sicurezza per loro è solo una bandiera elettorale che non risponde ad alcun principio di realtà?
Il sottotitolo del libro di Tondelli recita: “la metamorfosi della sinistra”. Noi avremmo scritto “l’autoritarismo della democrazia”. Come è possibile, infatti, essere sceriffi e democratici insieme?
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