Rassegna stampa - Liberazione, Laura Eduati, 14 novembre 2009.
Puntuali e puliti, come sempre. Alle otto del mattino le mamme rom sgomberate dal cosiddetto Casilino 700 hanno voluto accompagnare ugualmente i loro bambini alla scuola elementare "Iqbal Masih". Un piccolo rom ha trovato ospitalità a casa di una maestra. Gli altri hanno dormito con le proprie famiglie ma divisi, lontani dalle povere cose macinate mercoledì dalle ruspe: una ottantina accolti a Metropolis, ex fabbrica occupata dai Blocchi precari metropolitani lungo la via Prenestina; una trentina nella sala consigliare del VI municipio.
Finalmente all'asciutto, finalmente tra quattro mura. Non certo a spese del Campidoglio, che aveva proposto una alternativa disumana durante i due violenti sgomberi, prima a via di Centocelle e poi alla fabbrica Heineken: rimpatrio assistito o ricovero nelle strutture comunali soltanto per donne e bambini piccoli e soltanto per due giorni in un edificio ancora anonimo sulla Salaria, tanto che nemmeno i consiglieri Pdl hanno potuto fornirne il numero civico.
Naturalmente la stragrande maggioranza dei rom ha preferito non smembrare la famiglia. «È un gioco delle parti», commenta Aleramo Virgili dell'Opera Nomadi: «Il Comune propone un tipo di assistenza sapendo che i rom rifiuteranno e sapendo che, se accettassero, non ci sarebbe posto per tutti». Una ventina di persone, invece, aveva accettato il rimpatrio assisitito - ovvero il pagamento del biglietto dell'autobus per la Romania -, erano saliti sul pullman che doveva portarli alla stazione Tiburtina ma quando hanno visto che il mezzo prendeva la direzione della Salaria si sono spaventati e hanno cominciato a urlare dai finestrini. Il pullman si è fermato in mezzo al nulla, sono scesi, e dopo un giorno di elemosina hanno potuto racimolare il viaggio verso Est. Ieri l'assessora ai servizi sociali, Sveva Belviso, ha proposto ai trenta rom nella sala consigliare di passare al centro di via Salaria, ma per sette giorni e senza dividere le famiglie. Le trattative sono in corso.
«Il sindaco Gianni Alemanno ha accusato genericamente i centri sociali di aver ostacolato l'assistenza e di volere i rom nelle baracche», si arrabbia Gianluca dell'associazione Popica che da mesi si occupa del campo abusivo: «In realtà il Campidoglio non ha accolto nessuno e noi da sempre lavoriamo affinché questa gente vada a vivere in una casa, questo è d'altronde il loro desiderio».
Popica e Blocchi precari metropolitani hanno voluto fare il punto della situazione davanti al VII municipio, all'ora di pranzo, insieme con il presidente Roberto Mastrantonio che poco dopo si è incatenato per protestare contro la decisione di Alemanno di riversare le conseguenze degli sgomberi sul suo territorio senza nemmeno avvisare. In serata il sindaco ha accolto la proposta del Pd capitolino: un consiglio comunale straordinario sui nomadi.
Alla conferenza stampa sono arrivati i rom rumeni accolti al Metropolis: uomini, donne e bambini che per ore sono rimasti silenziosi e attenti, ma ancora pieni di angoscia e terrore per quanto successo. Una donna racconta: «Durante lo sgombero alla ex Heineken mio figlio di diciannove anni ha avuto una crisi fortissima, non riconosceva più nessuno. È finito all'ospedale».
Accanto a loro le maestre della "Iqbal Masih" che hanno voluto raccogliere soldi e vestiti per dare una mano, e sacrificano da tre giorni ogni minuto utile per rintracciare i piccoli alunni dispersi e tentare una mediazione con il Comune. Sono arrivati persino alcuni genitori del quartiere: «Che cosa racconterò a mia figlia di sei anni quando mi chiederà che fine hanno fatto alcuni suoi compagni di classe? Mi vergogno», sussurra Roberto. Nonostante l'abusivismo e le condizioni pietose del campo, la comunità era riuscita a tracciare una buona relazione con gli abitanti del quartiere. Luciana Lucarelli, insegnante, precisa: «Non abbiamo mai avuto nessun problema con gli alunni rom e nemmeno con i genitori, che la mattina riempivano le tinozze di acqua delle fontanelle per lavare i figli prima delle lezioni».
Ai rom l'assessore al Bilancio della regione Lazio Luigi Nieri (Sinistra e Libertà) ha voluto chiedere pubblicamente scusa per il trattamento subìto, promettendo di occuparsi dei cinque uomini fermati durante l'allontanamento forzato e portati al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria. Uno di questi si chiama Hassn Lucian, sua moglie è tornata in Romania in autobus. Pare abbia precedenti penali per furto, lo dichiareranno pericoloso per l'ordine pubblico e lo manderanno a casa: «Sono cittadini comunitari e non dovrebbero entrare nei Cie. Le autorità continuano a fare deroghe alla legge, è impressionante», dice Nieri.
Impressionante davvero è la violazione dei diritti umani dei quattrocento rom che non hanno potuto nemmeno strappare alle ruspe i propri vestiti e oggetti. Il Campidoglio afferma che hanno firmato un foglio per rinunciare all'assistenza del Comune «ma come è possibile se sono analfabeti?», si chiedono i volontari di Popica. Infuriato per le accuse rivolte da Amnesty International, che ha lanciato un appello mondiale per il doppio sgombero di mercoledì e giovedì, Alemanno ha chiamato l'organizzazione per chiarire. Amnesty però rimane del solito avviso: Roma deve garantire ai rom un alloggio adeguato e il risarcimento degli averi persi durante lo sgombero. Il sindaco ha ammesso, candidamente, di non sapere che occorre notificare uno sgombero ai diretti interessanti affinché possano fare ricorso davanti ad un giudice. Lo impongono le convenzioni internazionali sottoscritte anche dall'Italia.
Forse non lo sapeva davvero, ma per mestiere glielo avrebbero potuto ricordare il Questore o il Prefetto Giuseppe Pecoraro, con i quali Alemanno ha messo a punto il Piano nomadi, ancora in alto mare. Il Piano prevede la costruzione di villaggi attrezzati per circa seimila rom censiti nei campi riconosciuti. Gli altri? Trattati come i rom rumeni di via di Centocelle. Peggio della spazzatura.
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