Rassegna stampa - Avvenire, Valeria Della Valle, 17 ottobre 2009.
C’è una parola che viene continuamente scritta e pronunciata, ma della quale non tutti capiscono il significato. È la parola lodo. Nessuno, purtroppo, si prende la briga di spiegarne il significato a grandi e piccoli.Vediamo, allora, come stanno le cose. Si tratta di una parola molto antica, che deriva dal latino medievale laudum, che voleva dire «approvazione data dal signore feudale». Se andiamo a cercare la parola lodo nei vocabolari della lingua italiana, la troviamo spiegata come «sentenza arbitrale» o come «soluzione di una controversia proposta da un personaggio autorevole». Dobbiamo partire da qui se vogliamo capire a che cosa si riferiscono i giornalisti e i politici quando scrivono o pronunciano questa parola. Il lodo ha assunto, infatti, il significato di «soluzione mediatrice tra due pareri», «accordo tra le parti». Nella storia della Repubblica italiana ci sono stati vari tentativi di mediazione o compromesso per risolvere questioni difficili, e hanno preso di volta in volta il nome dal personaggio politico che ha tentato di conciliare posizioni opposte. In questo periodo si nomina il lodo Alfano, dal nome di Angelino Alfano, attuale ministro della Giustizia, con riferimento a una legge che riguarda l’immunità da concedere alle più alte cariche dello Stato.
Questa legge è stata bocciata dalla Corte Costituzionale.
Come mai, allora si continua a chiamarla lodo e non legge?
Probabilmente perché, quando fu fatta la proposta iniziale, si trattava davvero di un lodo, cioè di un tentativo di mediazione tra parti diverse. Poi, anche quando si arrivò all’approvazione e alla trasformazione in legge, nel linguaggio giornalistico si è continuato a usare la parola lodo invece di legge, come sarebbe più giusto (e facile da capire).
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