Rassegna stampa - Europa, 17 ottobre 2009.
È difficile dire se ci sia stato un vincitore del match televisivo che si è celebrato ieri fra i tre candidati alla segreteria del Pd (e che solo sul web ha raccolto 500mila spettatori). L’impressione è che solo Ignazio Marino abbia provato a rompere il clima unitario, che invece Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani hanno cercato di mantenere.
Tra il chirurgo e il segretario sono scoccate più volte le scintille, mentre l’ex ministro si è mostrato in difficoltà solo rispetto agli attacchi contro la candidatura di Bassolino nelle sue liste.
Alcune differenze, comunque, sono venute a galla, anche in maniera evidente. Ad esempio sui toni da tenere nei confronti del governo, sull’innalzamento dell’età pensionabile, ma soprattutto riguardo alle future alleanze. Opinioni condivise, invece, sulla necessità di far prevalere il merito in settori centrali come la sanità e l’istruzione, sul rispetto delle decisioni prese a maggioranza (eccezion fatta per alcuni temi etici ben definiti), sugli interventi anti-crisi mai realizzati da questo governo, sulla difesa della libertà d’informazione e la “liberazione” della Rai dalle pressioni e dalle nomine politiche.
Sarà proprio in Rai il prossimo confronto? Bersani frena, mentre voci di corridoio parlano di un accordo già preso per inviare a Matrix di martedì sera tre interviste preregistrate.
La difficoltà a stabilire se il teledibattito abbia spostato consensi e in quale direzione conferma che l’esito delle primarie è per davvero imprevedibile. E il clima di grande incertezza rende plausibile l’ipotesi che nessuno dei candidati superi il 50 per cento, rendendo così inevitabile il ricorso al ballottaggio fra i primi due nell’assemblea nazionale. Non è dunque scontato un risultato netto: e lo spettro di un sostanziale pareggio rende possibili diverse soluzioni. Anche se Franceschini e Bersani concordano sul fatto che chi vince le primarie diventa segretario, c’è da annotare che anche ieri Marino ha detto no a questa intesa.
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