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domenica 18 ottobre 2009

A meno che il Pd risorga dalle proprie ceneri…

Regionali, prova a rischio per il Pd.
Rassegna stampa - Europa, Paolo Natale, 17 ottobre 2009.

È l’ultimo appello, prima del lungo riposo che ci porterà alle consultazioni politiche del 2013, se la legislatura dovesse finire regolarmente. Le regionali del prossimo anno saranno il banco di prova che ci terremo a mente per molto tempo, e che diventerà la pietra di paragone per comprendere lo stato di salute dei partiti. Dopo quella data, soltanto prove parziali, sondaggi più o meno validi, dichiarazioni di popolarità di questo o quell’uomo politico, o dei vari leader dei diversi partiti. Ma nulla di concreto, soltanto chiacchiere virtuali. Le consultazioni della prossima primavera diventano dunque importanti per definire i rapporti di forza con cui andremo fino alla fine della legislatura. E delineeranno i “colori” dei territori italiani: un pezzo di verde leghista nel nord, un altro verde democratico nel centro, l’azzurro delle libertà un po’ dovunque.
Cinque mesi all’appuntamento fatidico del 21-22 marzo 2010.
Quali sono oggi le più probabili conformazioni dei vincitori? Innanzitutto, occorre sottolineare come i possibili confronti che si andranno a fare, con le consultazioni precedenti, saranno giocoforza molto negative per la compagine di centrosinistra. Nel 2005, lo ricordiamo tutti, essa fece infatti un quasi en-plein nelle regioni chiamate allora al voto: la formazione guidata da Berlusconi riuscì infatti a confermare solamente i governatori di Lombardia e Veneto, Formigoni e Galan, uscendo sconfitta in tutte gli altri territori.
Pensare oggi di avvicinarsi sia pur lontanamente a quel risultato sarebbe una vera e propria chimera per il centrosinistra. Ma vediamo nel dettaglio quali potrebbe essere questi colori territoriali: in Lombardia la nuova ricandidatura di Formigoni (la quarta) porterà senza alcun dubbio alla sua riconferma. L’unica chance per la formazione avversaria di poterlo battere sarebbe quella di presentare il cardinale Tettamanzi, il solo in grado (come un tempo il cardinal Martini) di sconfiggere il centrodestra, e anche in questo caso con forti incertezze.
Allo stesso modo, nel Veneto non esistono margini di competizione, sebbene la sostituzione di Galan con un corridore leghista (Zaia, Tosi, Gobbo?) potrebbe portare qualche malumore nell’elettorato del Popolo delle libertà. Soltanto lo stesso Galan, impegnato in un’alleanza con il centrosinistra, potrebbe far nascere qualche speranza per la compagine dell’opposizione.
Nemmeno Piemonte e Liguria, pur con governatori attualmente di centrosinistra, vivono momenti tranquilli: Bresso e Burlando (se si ricandiderà) sono entrambi a rischio. Qualche speranza aggiuntiva potrebbero averla in caso di candidato avversario leghista, anche qui non particolarmente appetito dai sostenitori di una parte del Pdl. Abbastanza scontate in Emilia-Romagna e Toscana le vittorie di Errani e Martini (?) che rimarranno probabilmente, forse con l’Umbria e la Basilicata, le uniche regioni a restare colorate di verde democratico.
Fortemente a rischio la Marche, ma dipenderà molto in questo caso dai candidati, e il Lazio, dove la possibile contesa tra Marrazzo e Polverini si preannuncia serrata. Sicuramente persa per Bassolino la gara campana e per Loiero (o per il suo sostituto) quella calabrese. Rimane la Puglia, dove la pur buona performance di Vendola come presidente è molto probabile non gli permetterà la riconferma. La Basilicata infine, nuovo baluardo tradizionale del centrosinistra, dovrebbe riconfermare la giunta uscente.
Lo stato dei rapporti di forza che uscirà il prossimo anno ci raccontano dunque di un’Italia che muta drasticamente la propria configurazione elettorale: al centrosinistra rimarranno probabilmente 4 o 5 regioni delle 11 che aveva nel 2005, mentre il centrodestra – contando anche le attuali maggioranze in Sardegna, Abruzzo, Molise e Sicilia – arriverà a governare in quasi il 75 per cento del territorio nazionale. A meno, naturalmente, che il Pd risorga dalle proprie ceneri…
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