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giovedì 15 ottobre 2009

Difetto di nascita

«Io, la più perseguitata di tutto il Parlamento. Via dal Pd? Forse è ora».
Rassegna stampa - l'Unità, Federica Fantozzi, 15 ottobre 2001.

Il problema sta tutto nel codice genetico. In quello che, con schiettezza, Paola Binetti definisce «difetto di nascita». Del Pd, ovvio. Nel giorno in cui il telefonino passa da rovente a scarico, in cui Paola Concia la accusa di «vivere il suo attimo di gloria da reginetta dell’omofobia », in cui la domanda ricorrente è: ti senti ancora a casa?, la deputata- neuropsichiatra non si sottrae. «Sono entrata in politica nella Margherita - spiega - che ha storia e cultura di un certo tipo. Quando è nato il Pd ho fatto un atto di speranza e fiducia. Non mi sono nascosta difficoltà né dissensi. Vita e senso ampio della persona sono temi cardine: ma intorno c’è un universo...». Correva l’anno 2006. Erano i tempi della candidatura al Senato voluta da Rutelli, della lettera alle parrocchie dei candidati “novizi” Binetti e Bobba che valse loro l’appellativo di Brigata Ruini (lei, cui non difetta lo humor, smorzò senza smentire: «Ci ispiriamo alla stessa fonte»), del Comitato Scienza & Vita e della battaglia (vinta) sulla Legge 40. Accomodata sul divanetto di Montecitorio, spilla liberty sul bavero della giacca cammello, tacchi bassi e foulard, la professoressa Binetti è di nuovo un caso. Passa Livia Turco: «Così, voti Bersani!», «Perchè non posso votare te». Un esponente laico del Pd le stringe la mano: «Tra dissidenti ci si comprende». Lei allarga le braccia: «Sono sorpresa dalla reazione forte di Dario. In fondo, siamo i Democratici. Espulsione? A me non ha detto nulla. Bersani? Invoca le regole ma lo statuto ancora non c’è. Ma probabilmente voterò lui e non Franceschini. Tra una reazione inclusiva e una aggressiva... ». Concorda che il problema è politico: «La battaglia per il pluralismo interno. La mia generazione è nata con un’idea chiara di cosa è la democrazia: non maggioranza bulgara. Un livello minimo di dissenso è necessario, è garanzia di libertà e vitalità». Le obiettano che la modifica del codice penale non attiene alla libertà di coscienza: «Per me sì». Si sente ancora a casa? «Vede i miei capelli bianchi? Da 40 anni faccio il medico, comprendo logiche diverse. La mia vera attesa è cosa farà il Pd dopo la rinascita delle primarie. Se ci sarà una nuova classe dirigente e nuova linea. Poi prenderò le mie decisioni. Siamo alla vigilia di una svolta e non so cosa c’è dietro l’angolo».
Dalla Margherita a oggi molto è cambiato e altro no. Lei è parlamentare per la seconda volta ma traslocata alla Camera per evitare guai dopo la sfiducia al governo Prodi, già per una norma anti-omofobia nel pacchetto sicurezza. È passata attraverso le indiscrezioni sulla sua vita da numeraria dell’Opus Dei, la dichiarazione tv sul cilicio, gli incidenti sull’omosessualità come «devianza» e sull’assimilazione gay-pedofili, fino alla sanzione per l’assenza al voto sullo scudo fiscale che le ha fatto dire: «Perchè io sì e altri no?». Rincara: «Sono la più discriminata di tutto il Parlamento. Allora sono “paolafobici”? Non sono omofobica: i gay sono individui, simpatici e antipatici. E da alcuni di loro mi sento perseguitata». Loro però non vogliono simpatia individuale bensì un riconoscimento di genere. «Ma io non posso andare contro la mia libertà di pensiero. Voterei una legge che li difende da violenze fisiche, non una sui reati di opinione». Ha incassato solidarietà? «Fioroni, Lusetti, Castagnetti... Mica tutto il Pd la pensa in un modo». Casini? «Ha fatto di più: uno spot a mio favore».
Passa Paola Concia, ancora furiosa: «Non è lei il caso, è questo Parlamento». Binetti, timida: «Di me sola sapevi come la pensavo. Hanno fatto di me un capro espiatorio». Concia la affronta: «Se non condividi i principi fondanti del partito, fai una scelta. Io non starei nell’Udc. Paola, tu non rispondi alle regole del partito ma a qualcos’altro». Poi, dura: «Non puoi dire che siamo amici in privato e malati in pubblico, non funziona». La teodem scuote il capo, ragiona: «L’espulsione non conviene a nessuno. Meglio creare le condizioni per le dimissioni. Non le escludo, ma aspetto il Pd che verrà». Quanti gradi di separazione con l’Udc? «Prima stavano con il PdL e per me era più importante lo sguardo verso il centrosinistra. Ora le cose sono cambiate». Dipenderà anche da Rutelli: ieri il suo mentore politico sulle agenzie parlava della morte della Angiolillo e non della Binetti, che a sua volta tace. Ma contatti ci sono stati, e lei guarda alle mosse di lui. Intanto sospira: «Il Pd dovrebbe difendermi: lotto per i diritti umani». Da figura del dissenso ma trait d’union con il Vaticano a puro corpo estraneo. Cosa è cambiato? «Nel Pd si è accentuata la componente che Marino chiama laica ma per me tende a espungere e confinare nella vita privata le convinzioni». Ha pregato onorevole? «Sono andata a messa, come ogni mattina».
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