FATTI E PAROLE

Foglio virtuale quotidiano di Brembio e del suo territorio

http://www.fattieparole.info

Si può leggere l'ultimo numero cliccando sopra, sull'immagine della testata o sul link diretto, oppure cliccando qui.
Ogni nuovo numero esce nelle ore serali, ma dopo le 12.00 puoi già leggerlo mentre viene costruito cliccando qui.

FATTI E PAROLE - ARCHIVIO
www.fattieparole.eu

La parola al lettore

Le tue idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni, i tuoi commenti, le tue proposte: aiutaci ad essere un servizio sempre migliore per il nostro paese.

Puoi collaborare attivamente con noi attraverso questo spazio appositamente predisposto - per accedere clicca qui - o anche puoi scriverci cliccando qui.

martedì 23 giugno 2009

Da Guinness dei primati

È record negativo per il referendum.
Il commento

I tre quesiti referendari non hanno, dunque, ottenuto il quorum: la percentuale di affluenza definitiva, quella che tiene conto anche del voto all’estero, si è fissata nel 23,31% per i primi due e nel 23,84% per il terzo. Una bocciatura netta dell’iniziativa referendaria di Mario Segni e amici, sostenuta dal Pd e da buona parte del Pdl (il Cavaliere “imbavagliato” da Bossi aveva comunque fatto sapere che avrebbe votato sì come altri maggiorenti del partito).
Non è un evento neutro il risultato, tant’è che il dibattito sull’esito dei ballottaggi, nonostante l’esito di Milano, appare un po’ defilato nell’interesse generale. La questione che la stroncatura referendaria mette sul piatto è la sorte del bipartitismo e per traslato del bipolarismo in Italia.
“Il referendum è fallito miseramente e ancora una volta sono stati spesi migliaia e migliaia di euro degli italiani per una elezione inutile. Il bipartitismo è stato bocciato e speriamo che i promotori si mettano il cuore in pace e non evochino complotti”, così ieri Casini, leader Udc.
Di fine del bipartitismo ha parlato anche Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione Comunista: “L'ipotesi bipartitica era già stata sepolta una prima volta dalle urne 15 giorni fa con il voto alle Europee, oggi viene seppellita dall'astensione sul referendum”.
Esultante la Lega che nel referendum aveva visto un’arma di distruzione di massa puntata contro. “Per come era stato presentato questo referendum sembrava essere stato concepito per cercare di distruggere la Lega e pertanto, visto il risultato che si sta profilando, possiamo dire che questa è un'altra vittoria per la Lega”, così Calderoli e Bossi rilancia: “Anche nei momenti più difficili e drammatici, anche nelle difficoltà, noi siamo capaci di vincere perché la gente è con noi. Siamo bravi, siamo davvero bravi e questo deriva dal fatto che stiamo tra la gente e la gente lo capisce”.
Nel campo avverso, mentre ci si lecca le ferite, già si pensa ad altri “porcellum”, cioè a modifiche della legge referendaria presentate con “buone intenzioni”, ma sostanzialmente atte ad eliminare dall’istituto del referendum la possibilità oggi prevista di rifiuto popolare del referendum stesso con l’astensione. Così ad esempio Massimo D'Alema, che dopo aver detto che il risultato “non era scontato ma prevedibile” ed auspicando il fatto che “si doverebbe tornare a discutere in Parlamento perché questa legge elettorale è pessima”, l’ha comunque buttata lì, dicendo che “l’istituto del referendum va rivisto nel senso che bisogna alzare il numero delle firme, per renderlo agibile solo in circostanze straordinarie, e eliminare il quorum che è uno strumento per annullare il voto popolare”. In sintonia con il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone che auspica una riflessione sui motivi che hanno “indebolito lo strumento del referendum, che in futuro va assolutamente salvaguardato”. Per onor di cronaca va aggiunto anche che il ministro Maroni, forse per addolcire il malumore in casa Berlusconi, dopo aver sottolineato che “il 23% è record negativo”, ha preannunciato una iniziativa per modificare l'istituto referendario.
Ma gli sconfitti aprono anche un altro “fronte di manovra” per minimizzare la bocciatura epocale della casta bipartitica-bipolare da parte dell’Italia intera. Il presidente del comitato per il referendum, Giovanni Guzzetta, demonizza l’odio anti-casta e si affida alla dietrologia: “Siamo stati sconfitti, ma oggi non c'è nessun vincitore: ha vinto la rassegnazione e il disgusto per la politica, ma soprattutto un disegno politico contro il referendum”. Fini, che ha votato sì, invece si affida per sminuire lo tsunami astensionista sul vecchio leit-motiv del "popolo bue", dell’ignoranza della gente chiamata a votare. Per Fini, infatti, i motivi della catastrofe referendaria vanno ricercati in primo luogo nei “quesiti troppo tecnici: i cittadini non sempre li comprendono a pieno”. E la consapevolezza di un gesto meditato (come non riconoscerla in una astensione del 77%?) viene sminuita dicendo: “credo che rinunciare a partecipare sia sinonimo di una certa stanchezza nei confronti del dibattito politico, nel funzionamento della democrazia, che ci deve far riflettere”. Un buon proposito, certo, quest’ultimo, ma forse col referendum si è superato il crinale e si aprono nuove prospettive politiche nell’immaginario collettivo che non la gehenna bipartitica spacciata come la terra promessa della governabilità.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.