FATTI E PAROLE

Foglio virtuale quotidiano di Brembio e del suo territorio

http://www.fattieparole.info

Si può leggere l'ultimo numero cliccando sopra, sull'immagine della testata o sul link diretto, oppure cliccando qui.
Ogni nuovo numero esce nelle ore serali, ma dopo le 12.00 puoi già leggerlo mentre viene costruito cliccando qui.

FATTI E PAROLE - ARCHIVIO
www.fattieparole.eu

La parola al lettore

Le tue idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni, i tuoi commenti, le tue proposte: aiutaci ad essere un servizio sempre migliore per il nostro paese.

Puoi collaborare attivamente con noi attraverso questo spazio appositamente predisposto - per accedere clicca qui - o anche puoi scriverci cliccando qui.

domenica 8 novembre 2009

Feltriiii pensaci tuuuu

Niccolai - Il direttore del «Giornale» attacca Farefuturo per lesa metafora calcistica. L'ex stopper: «Scusate, io di politica capisco poco». Comunardo, l'autogoleador che fa litigare Feltri e l'ex Alleanza nazionale.
Rassegna stampa - Il Manifesto, Luca Cardinalini, 7 novembre 2009.

Signor Comunardo, ha sentito cosa ha detto di lei Farefuturo? «Fareche...?». Farefuturo, scritto tutto attaccato. «Non conosco, però ho letto stamattina Feltri che mi faceva i complimenti. Mi piace molto come scrive, quanto alle idee non mi pronuncio». Si dice che suo padre le mise il nome Comunardo in onore dei ribelli della rivoluzione francese. «Mio padre era operaio e antifascista, ma nel 1946, quando sinistra significava molto». A spanne, è più vicino alla destra o alla sinistra? «Senta, io mi diverto a fare l'osservatore, attualmente della Under 21, ma sempre in ambito federale ho collaborato anche con Maldini, Zoff. Insomma, ne capisco poco di politica».
È un leitmotiv del nostro giornalismo politico. Se uno dice «siamo accerchiati come i Sioux», puntuale il giorno dopo ecco la fotina di Toro Seduto, con didascalia. Così ieri mattina i lettori meno scaltri hanno trovato una foto in bianco e nero, dove si vede un calciatore un po' stempiato librarsi in volo per colpire di testa, anticipando il portiere, che a quel punto va a farfalle. I più scaltri hanno notato che difensore e portiere avevano lo stesso scudetto sulla maglia. La foto manca di prospettiva, era uno sciagurato autogol. La specialità di Niccolai, ma oggi anche la sua forza, visto che nemmeno ai più famosi Rivera, Mazzola o Riva, capita di essere citati in un editoriale dopo 40 anni. Ci ha pensato la fondazione «Farefuturo», area finiana: «Feltri è il Niccolai del giornalismo italiano, ma Berlusconi sappia che con gli autogol non si vince il campionato».
Il giorno dopo, sul Giornale, l'ira di Feltri per lesa metafora calcistica: «Comunardo Niccolai era un ottimo stopper, segnò alcuni gol alla squadra in cui giocava ma ciò non gli impedì, nella stagione 1969-70, di vincere uno scudetto con il Cagliari e giocare in nazionale. Significa che lo stopper (e quindi anche il direttore del Giornale) portava quanto meno fortuna, cosa di cui ha bisogno il presidente del consiglio in questo momento».
Nel Mondiale del Messico giocò appena 37 minuti, contro la Svezia, causa una distorsione alla caviglia. Un tempo sufficiente per «strabiliare» il mister di quel Cagliari campione d'Italia, Manlio Scopigno. «Quando mi vide sull'attenti, ascoltare l'inno di Mameli, disse: Niccolai in mondovisione... ma si può?». Niccolai è oggi una metafora vivente e potente. Dovessero eleggerlo al Quirinale verrebbe ricordato lo stesso solo per la sua fama di «autogoleador». Ne fece sei e i maniaci delle statistiche dicono che c'è chi ne ha fatti di più. Niccolai conferma, ma poi precisa: «Io ho fatto i più belli. A Bologna addirittura scartai il mio portiere». Non lo fece apposta, sia chiaro, ma «grazie» a uno stop maldestro che mise fuori causa il compagno. Si ricordano di lui sforbiciate, girate di testa sul sette, missili a fil di palo. Anche se il colpo da maestro, un virtuosismo, fu un quasi-autogol. «Catanzaro, 1972, al novantesimo vincevamo 2-1, sentii un fischio, pensai a un fallo e calciai forte la palla, con l'intenzione di spedirla in tribuna e guadagnare tempo. Venne fuori un tiro che si sarebbe insaccato se Brugnera, sulla riga, non avesse respinto con le mani. Rigore per loro e 2-2 finale».
La leggenda ha continuato a corrergli dietro ovunque. Quando pochi mesi fa il georgiano Kaladze regalò all'Italia di Lippi due perle di autoreti, le agenzie batterono la felicità di Niccolai: «Finalmente qualcuno mi ha superato». Ma alla prima occasione, come si è visto, riecco lui, mica Kaladze. Compagni e tifosi non gliel'hanno mai fatto pesare. Quelli avversari, paradossalmente, di più. Succedeva quando l'attacco di casa non segnava nemmeno a bestemmiare, e dagli spalti allora si alzava un coro che era come una preghiera: «Niccolaiiii, pensaci tuuuu».
Condividi su Facebook

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.