Editoriale. Otto milioni alla soglia della povertà.
Rassegna stampa.
La situazione che ci attende dopo le vacanze estive non sarà delle migliori, nonostante si cerchi di assicurare che il trend negativo della crisi si sia fermato. I dati, che parlano eloquentemente, non lasciano spazio a ben sperare, bensì ad illusioni. Basta guardarci in casa nostra: nelle scorse settimane abbiamo letto che più di ottanta aziende a settembre avranno i cancelli chiusi. E non manca giorno che ci porti ulteriori novità dolorose. Troveremo otto milioni di italiani sulla soglia della povertà, dei quali tre milioni al di sotto di detta soglia. Cioè in miseria. Questi sono i numeri recenti e reali, non inventati, che accompagnano queste giornate d’agosto nelle quali, chi ancora ce l’ha fatta, e speriamo senza nuovi indebitamenti, si è permesso un’ultima boccata d’aria.
Le richieste di aiuto che in questi mesi sono arrivate nelle diocesi che hanno aperto fondi di solidarietà hanno segnalato una escalation paurosa, e gli ammortizzatori sociali non riescono a soddisfare nemmeno le necessità primarie. La Chiesa con i suoi organismi di carità fa quello che può, ma il pozzo ha un fondo prossimo a prosciugarsi.
I giovani precari che perdono il lavoro ritornano a carico dei genitori, e non per mammismo; molte giovani famiglie si appoggiano ai nonni pensionati; i cinquantenni sono ormai votati alla disoccupazione stabile. C’è proprio di che essere ottimisti! Una povertà così diffusa, si parla del 13% della popolazione, forse non si è avuta se non dopo la seconda guerra mondiale, quando un Paese sconfitto si trovò nella miseria più nera. Lì si dovette veramente abbandonarsi alla speranza in una ripresa; ma questa speranza poggiava su basi fondate, perché il futuro del Paese era affidato a persone di valore, il cui peso politico ed umano fu capace di conquistarsi la stima e la fiducia non solo del popolo, ma addirittura dei governi vincitori, che hanno accettato la nostra cambiale in bianco, garantita soltanto dalla serietà di chi ci governava.
Ci volle la forza di politici di alta statura intellettuale e morale, di quei “santi” che rispondono ai nomi di De Gasperi, La Pira, Dossetti, Lazzati, Moro, e di molti altri politici, appartenenti anche schieramenti o a ideologie opposte, ma che si misero insieme faticando con saggezza per il bene comune. Uso di proposito il termine di “santi”, non solo perché su molti di essi è in corso il processo di beatificazione, ma perché tutti, secondo le loro opzioni, anche non cristiane, esercitarono doti eroiche per servire lo Stato e rimettere in piedi un’Italia allo sbando. E ci riuscirono. Innanzitutto dotandola di una Costituzione di cui ancora oggi apprezziamo e godiamo i valori di democrazia, di giustizia, di solidarietà; e poi testimoniando personalmente quei valori morali vissuti sulla propria pelle e spesi per ricostruire sulle macerie materiali e spirituali di un Paese che aveva provato col sangue cosa significasse perdere democrazia e libertà.
Qualcuno lamenta, oggi, la mancanza di politici di quella statura, tuttavia di essi ci rimane la storia con il loro esempio, il loro magistero, la prova provata di una militanza di trasparente onestà, spesa per ridare pane e lavoro a tutti. Tuttavia anche oggi, se pensassimo un po’ più politicamente e usassimo meglio quel discernimento libero da pregiudizi, potremmo trovare ancora politici di buon livello, di lungimiranza e di sicura moralità. Alcuni di questi li abbiamo demoliti proprio con le nostre mani! Noi ora non pretendiamo altri santi: ci bastano persone serie, capaci di mettere in giusta scala le necessità primarie di un Paese, usando professionalità e quella saggezza del buon padre di famiglia.
Tuttavia in un sistema democratico succede che il prodotto comprato non è stato sempre ben valutato, ed ora ci si accorge che la merce è scadente. È inutile nasconderci che un po’ tutti siamo stati imbavagliati da una pseudocultura mediatica che ci ha lavato il cervello o che ci ha portato dietro l’onda, e poi ci ha chiesto il conto. Non è forse vero che anche ora, quando acquistiamo prodotti di consumo, siamo attratti più dalle immagini che dalla sostanza? Trent’anni di TV commerciale ci ha indottrinato a suo profitto. Ci è anche mancata profezia, o non l’abbiamo ascoltata, in tutti i campi; mentre la formazione per una cittadinanza responsabile è stata pressoché abbandonata.
Se vogliamo una suonata diversa, oggi serve una mentalità nuova, alla quale dobbiamo educarci con fatica e farci educare da chi ancora lotta per trasmettere valori di giustizia sociale, di rispetto della dignità della persona, di ogni vita umana in tutti i vari momenti dell’esistenza. È legittimo aspettarsi dai nostri governanti una politica che affronti seriamente la crisi. Ma tutti, in qualche modo dobbiamo fare la nostra parte, magari incominciando a pensare politicamente, al di sopra delle tifoserie. Cosa succederebbe se gli otto milioni di poveri, stanchi di essere ignorati, nauseati da scandali e simili, si mettessero insieme per gridare la loro sete di dignità? Potrebbero far saltare l’establishment. Sarebbe una rivoluzione!
Diritti e doveri richiedono una politica capace di coniugare simultaneamente queste due necessità. Ma senza sconti o privilegi per nessuno, come sta invece avvenendo oggi con lo scudo fiscale che ancora premia chi è stato disonesto ed ha fatto il furbo.
Chi ha letto la recente enciclica di Papa Benedetto “Caritas in Veritate”; e non sono mancati pubblici elogi e condivisione piena da parte di chi pigia i bottoni della politica e si autodichiara cristiano, non avrebbe potuto in coscienza votare alcune leggi passate in questi giorni sulla pelle degli ultimi. Fortunatamente, tuttavia, il documento non ha la data di scadenza, come i prodotti della società dei consumi, tanto auspicata come unica via per l’uscita dalla crisi. Allora lo si legga per intero, perché contiene valori umani e cristiani utili per un radicale cambiamento della società, mondiale e nazionale.
E lo si traduca nei fatti, perché vi ci si trova, ancora una volta, e in maniera aggiornata, la chiave per rispettare ogni persona, la sua vita, la sua dignità.
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