Rassegna stampa - Liberazione, Angela Mauro, 5 dicembre 2009.
Gaspare Spatuzza delude pure i numerosi cronisti stranieri che si sono fiondati ieri nell'aula bunker di Torino, dove l'uomo d'onore ha deposto nel processo Dell'Utri citando il senatore del Pdl e Silvio Berlusconi. Nulla di nuovo, nulla che non avesse già detto ai pm che l'hanno ascoltato in questi ultimi due anni scarsi, da quando Spatuzza ha avviato il suo percorso di "redenzione". Ma la vicenda, manco a dirlo, scotta comunque. Si intreccia con gli altri guai giudiziari del premier. Proprio ieri, a Milano, un'altra udienza del processo Mills, in cui il Cavaliere è imputato di corruzione in atti giudiziari, è saltata. I giudici hanno accolto la solita richiesta di legittimo impedimento presentata dai legali di Berlusconi, assente per via del consiglio dei ministri e per la cerimonia di inaugurazione di una galleria della Salerno-Reggio Calabria. Vada per il consiglio dei ministri, hanno deciso i magistrati milanesi, ma la cerimonia a Reggio, no. È troppo. La richiesta è stata comunque accolta, nuove udienze sono state fissate a gennaio (il 15, il 29 e il 30) e anche il 13 e 27 febbraio e potrebbe anche essere che l'imputato Berlusconi decida di farsi vedere in aula in queste ultime due date.
Giornata spinosissima ieri per il premier. E la pressione dev'essere stata così alta da fargli commettere una sorta di errore: cancellare, dopo il consiglio dei ministri, l'impegno a Reggio Calabria. Nel pomeriggio Berlusconi si è chiuso nelle sue stanze a meditare sulle mosse future. Paura di contestazioni? Può darsi. Di certo, il fatto che i giudici milanesi abbiano accolto l'istanza di legittimo impedimento sulla base del solo consiglio dei ministri, ha reso superfluo il viaggio in Calabria. Ma non andarci è un po' come ammettere la farsa: non è per imperdibili impegni che il premier non si presenta nelle aule giudiziarie, bensì per una strategia difensiva che individuerebbe solo a febbraio il momento giusto per andare in udienza, per sfruttare l'effetto mediatico in campagna elettorale.
Molti sviluppi politici di questi giorni, compresa la tregua armata tra Berlusconi e Fini, si spiegano con la campagna elettorale per le regionali, che sarà di quelle roboanti se si pensa che verso febbraio-marzo si prevede la sentenza del processo d'appello a Dell'Utri. Da parte sua, il premier bolla l'affare Spatuzza come «assurda macchinazione». Lo mette in chiaro subito in consiglio dei ministri: «folle quello di cui mi accusano, sono cose incredibili: il nostro è il governo che ha fatto di più contro la mafia». E chiede al ministro Maroni di mettere insieme tutti i dati delle operazioni antimafia portate a segno. A Torino l'imputato Dell'Utri ci mette il suo: «La mafia vuole colpire il governo». Dello stesso tono le reazioni dei berlusconiani del Pdl e della Lega. Cauto il presidente della Camera Fini, che ribadisce il senso di quanto affermato nel famoso fuorionda diffuso giorni fa: «L'atomica amplificazione mediatica delle dichiarazioni di Spatuzza non deve far passare in secondo piano un elementare principio di civiltà giuridica: senza riscontri puntuali e rigorosi, che è dovere dei magistrati individuare, le accuse restano soltanto parole». Profilo basso per il Pd, dove prevale un punto di vista molto simile a quello del presidente della Camera oltre agli interrogativi, ancora non chiariti nemmeno nella deposizione di ieri, sul perchè Spatuzza attacchi il premier senza subire le accuse di traditore da Cosa Nostra. «Tocca ai giudici valutare le dichiarazioni di un pentito», dice Bersani. «Le dichiarazioni di Spatuzza non sono un evento politico e non sono in grado di determinare una crisi istituzionale», dice il finiano Briguglio. Se ne capirà di più - forse - nell'udienza dell'11 dicembre, quando verranno ascoltati i fratelli Graviano, boss del clan di Brancaccio. Delle forze parlamentari Di Pietro resta più o meno l'unico a soffiare sul fuoco.
Il punto è che in Parlamento sarebbe già stata individuata una via d'uscita da un'empasse che porterebbe dritto alle elezioni anticipate, sbocco che nessuno, tranne Berlusconi, si augura. La "farsa", cioè il legittimo impedimento, potrebbe diventare legge prima di Natale. Martedì comincia l'esame in commissione Giustizia, presieduta dalla finiana Giulia Bongiorno, ma stavolta i finiani non daranno battaglia. Potrebbero addirittura accettare lo slittamento dell'esame in aula della proposta di legge bipartisan sulla cittadinanza agli immigrati, già calendarizzata per il 21 dicembre, per dare una corsia preferenziale al legittimo impedimento. Sarebbe la chiave per ristabilire un clima più sereno nel Pdl in modo da affrontare la campagna elettorale per le regionali senza regali alla Lega, che della proposta Granata-Sarubbi sull'immigrazione non vuol sentir parlare. «Un annullamento dell'esame in aula non mi sorprenderebbe - osserva Sarubbi del Pd - Probabilmente il 21 chiederanno di votare un rinvio della legge in commissione, come successe per l'omofobia. Allora, la legge non fu rinviata, ma dopo l'aula accolse le pregiudiziali di costituzionalità dell'Udc e fu il modo per affondare la proposta di legge. Stavolta noi non abbiamo fretta, anche se la proposta dovesse tornare in commissione sarebbe meglio che ucciderla».
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